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giovedì 31 gennaio 2013

Non è reato il consumo di gruppo di sostanze stupefacenti

Non è reato il consumo di gruppo di sostanze stupefacenti. Lo ha stabilito con una sensazionale soluzione le Sezioni unite penali. La legge Fini Giovanardi ha fallito.

 

Nell'ipotesi di mandato all'acquisto sia in quella dell'acquisto comune il consumo di gruppo di sostanze stupefacenti non può essere punito penalmente.

Lo hanno stabilito oggi le Sezioni unite penali della Corte di cassazione che hanno respinto il ricorso della parte civile contro una sentenza del gup di Avellino, che il 28 giugno 2011, aveva dichiarato il non luogo a procedere nei confronti di un uomo perche il fatto non sussiste.

In particolare dopo l'introduzione della legge Fini-Giovanardi, nel 2006, era sorto un contrasto giurisprudenziale che oggi la Cassazione ha risolto adottando la soluzione nella pubblica udienza di oggi che  "Se a seguito della novella introdotta dalla legge n. 49 del 2006, il consumo di gruppo di sostanze stupefacenti sia o meno penalmente rilevante, nella duplice ipotesi di mandato all'acquisto o dell'acquisto comune". La vicenda riguardava un presunto spacciatore di Avellino, assolto dall'accusa di detenzione e traffico di sostanze stupefacenti e da omicidio colposo per aver acquistato e consumato con un conoscente una dosa di eroina, in seguito alla quale quest'ultimo era morto.

Giovanni D'Agata, fondatore dello  "Sportello dei Diritti", è evidente che la legge Fini Giovanardi ha fallito nei suoi intenti di ultra proibizionismo e si rende necessario al contrario una revisione della normativa che prenda atto  che l'eccesso di rigore in pratiche assai diffuse specie tra i giovani e giovanissimi non porta ad alcun beneficio se non addirittura  ad una crescita esponenziale del fenomeno.

 




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Redazione del CorrieredelWeb.it


giovedì 24 gennaio 2013

Multa nulla se la prefettura non prova che il segnale dell'autovelox è visibile

La multa dev'essere annullata se la prefettura non prova che il segnale dell'autovelox è visibile

La mancata indicazione nel verbale di tale circostanza impedisce l'inversione della prova né la P.A. ha fornito documentazione che provi l'esistenza del cartello

 

Un'altra sentenza in materia di autovelox e trasparenza nel procedimento di accertamento delle infrazioni e che Giovanni D'Agata, fondatore dello "Sportello dei Diritti" ritiene che valga la pena di segnalare è la numero 21/2012 del Giudice di Pace di Fornovo di Taro (Parma) che ha annullato una multa elevata con l'autovelox se lo stesso non risulta segnalato in modo adeguato. Da rilevarsi che il giudice onorario abbia rilevato che il verbale in questione non contiene nulla in merito alla presenza del segnale che deve essere necessariamente installato, né  la prefettura è riuscita a dimostrarne l'esistenza con ciò non riuscendo a confutare la motivazione dell'automobilista che sosteneva che la cartellonistica mancava o che comunque non era visibile.

Nel caso di specie è stato, quindi, accolto il ricorso del presunto trasgressore che si era opposto ad una sanzione amministrativa elevata per il presunta violazione dell'articolo 142, comma 8, del Codice della Strada che è rivolta ai trasgressori individuati dal comma 3 dello stesso articolo, ossia coloro che non rallentano nei centri abitati, nei pressi delle scuole oppure di notte o in presenza di condizioni atmosferiche avverse.

Il giudice di Pace ha ritenuto valida la motivazione secondo cui non risultava visibile sul tratto di strada in cui fu elevata l'infrazione il segnale che dovrebbe precedere la strumentazione elettronica di rilevamento della velocità dei veicoli. Tanto da far ritenere che l'apparecchio non sia per nulla segnalato. In tal senso il verbale di contestazione non dice niente sull'apprestamento delle garanzie in favore del conducente del veicolo. Ciò vuol dire che non si determina l'inversione della prova a carico del trasgressore. Al contrario, la prefettura, non fornisce alcuna documentazione in grado di offrire una prova contraria alla tesi del presunto trasgressore.

 




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Redazione del CorrieredelWeb.it


mercoledì 16 gennaio 2013

Ambiente e nuove discariche: i cittadini hanno diritto di sapere. Lo ha stabilito la sentenza della Corte di giustizia UE

Importante sentenza della Corte di Corte di giustizia UE in materia di diritti di cittadinanza e apertura di discariche. La popolazione interessata non può essere estromessa dal procedimento di apertura della nuova discarica. Il segreto commerciale non può essere opposto per escludere l'accesso al titolo urbanistico-edilizio dell'impianto a forte impatto ambientale

 

I cittadini hanno il diritto di conoscere tutto l'iter che riguarda l'apertura di nuovi impianti a forte impatto ambientale e in particolar luogo le discariche. Per Giovanni D'Agata, fondatore dello "Sportello dei Diritti" è un principio sacrosanto che non può essere opposto neanche dalle autorità nazionali.

A conferma di tanto arriva l'importante sentenza della grande sezione della Corte di giustizia europea pubblicata in data odierna, 15 gennaio, secondo la quale quando le autorità che decidono di realizzare una nuova discarica di rifiuti, non possono estromettere la popolazione interessata dall'iter procedimentale che conduce al provvedimento. In tal senso, la tutela del segreto commerciale non può essere opposta per negare sin dall'avvio l'accesso al titolo urbanistico edilizio che abilita all'insediamento dell'impianto.

Infatti, la Convenzione di Aarhus, ha stabilito che quando le istituzioni nazionali e locali avviano un procedimento in materia ambientale, ai soggetti interessati e quindi ai cittadini deve essere garantita la partecipazione sin dall'inizio e quindi quando tutte le alternative sono ancora praticabili e la loro presenza può avere un'influenza effettiva.

Nel caso di specie, la vicenda riguarda un impianto in Slovacchia ma è naturalmente applicabile in tutta l'UE con conseguenze che riguardano casi analoghi anche in Italia anche per ciò che concerne altri tipi di'impianti che hanno un impatto ambientale.

La decisione di assenso urbanistico edilizio all'insediamento della discarica costituisce una delle misure fondamentali per l'entrata in servizio dell'impianto. Ovviamente include informazioni sull'impatto ambientale del progetto e sulle condizioni imposte al gestore per garantire l'equilibrio dell'ecosistema e altre importanti notizie sulle caratteristiche dell'impianto.

Per farla breve, le istituzioni interessate non possono invocare la tutela della riservatezza di determinate informazioni commerciali o industriali per celare agli occhi dei cittadini il provvedimento che contiene l'assenso urbanistico edilizio alla realizzazione dell'impianto. Al contrario, però il rifiuto illegittimo può essere sanato in corso d'opera, purché tutte le alternative siano ancora praticabili e che la regolarizzazione in tale fase procedurale consenta ancora al pubblico di esercitare un'influenza effettiva sull'esito del processo decisionale.

 




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Redazione del CorrieredelWeb.it


venerdì 11 gennaio 2013

Cassazione: stop ai pregiudizi per figli coppie gay

Cassazione: stop ai pregiudizi per figli coppie gay. Il genitore omosessuale non perde l'affido del figlio che vive con lui e il compagno

 

Una coppia omosessuale può crescere un bambino senza per questo compromettere il suo equilibrio psico-fisico. È quanto affermato dalla Corte di cassazione che, con la sentenza n. 601 dell'11 gennaio 2013, da il via libera ai figli cresciuti da coppie gay, quando non è a rischio il corretto sviluppo del minore.

Per la Corte, chi contesta una simile decisione del giudice senza "certezze scientifiche o dati di esperienza", ma solo avanzando "il mero pregiudizio che sia dannoso per l'equilibrato sviluppo del bambino il fatto di vivere in una famiglia incentrata su una coppia omosessuale", dà per scontato ciò che invece è da dimostrare, ossia la dannosità di quel contesto famigliare.

Con la sentenza la Suprema  Corte respinge il ricorso di un immigrato di religione islamica che vive a Brescia.

L'uomo si era rivolto ai supremi giudici per contestare la decisione con la quale la Corte d'Appello bresciana, il 26 luglio 2011, aveva affidato in via esclusiva il figlio minore naturale, che lui aveva avuto dalla sua ex compagna, alla donna.

L'uomo faceva anche presente che la sua ex era andata a vivere con una assistente sociale della comunità per tossicodipendenti nella quale, anni prima, era andata a disintossicarsi la madre del bambino conteso. Secondo il ricorrente era dannoso che il minore fosse educato in un contesto omosessuale.

Per Giovanni D'Agata, fondatore dello "Sportello dei Diritti" la capacità di crescere un figlio non è una prerogativa esclusiva della coppia eterosessuale, ma riguarda anche le coppie omosessuali e i single. Ciò che è veramente importante è che l'adozione venga disposta nell'esclusivo e prioritario interesse del minore. Una coppia omosessuale può crescere un bambino senza per questo compromettere il suo equilibrio psico-fisico. Infatti il genitore gay non perde per questo l'affido del minore.

 




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Redazione del CorrieredelWeb.it


giovedì 10 gennaio 2013

Manutenzione stradale e danni. Se il guard-rail non regge l'urto è colpevole di omicidio il responsabile manutenzione della strada

Manutenzione stradale e danni. Se il guard-rail non regge l'urto è colpevole di omicidio il responsabile manutenzione della strada.

Mancavano i bulloni di raccordo. Il funzionario risponde perché nel sopralluogo non lo notò

 

È colpevole di omicidio colposo il responsabile della manutenzione sulla superstrada se l'incidente è stato conseguenza del guard-rail che non ha retto all'urto. Lo ha stabilito la sentenza 48216/12 emessa dalla quarta sezione penale della Cassazione che ha ritenuto inevitabile la condanna per il funzionario che in un sopralluogo effettuato precedentemente sul tratto di strada entro cui successe il sinistro non aveva notato alcuna anomalia.

Il capo nucleo dell'ente che gestisce l'infrastruttura di collegamento non può eccepire che il cattivo stato delle barriere deve essergli segnalato dal capo cantoniere: è il responsabile della manutenzione che deve coordinare il personale addetto e ispezionare spesso i tronchi stradali che rientrano nella zona di sua competenza, in base all'articolo 10 del Dpr 1126/81.

Nel caso in questione il sinistro ebbe conseguenze fatali. Dopo un terribile testacoda l'automobilista perse la vita a causa delle temibili lamiere del guard-rail.

La perizia effettuata verificò che era stata l'assenza dei bulloni di collegamento fra le lame sovrapposte delle barriere a impedire la resistenza all'urto, che al contrario sarebbe stata garantita così evitando la morte del malcapitato. Peraltro, proprio quindici giorni prima il responsabile della manutenzione aveva provveduto ad ispezionare il tratto dove poi accadde l'incidente senza ritenere opportuno l'intervento di manutenzione, circostanza invece senz'altro visibile.

Anche se il reato è risultato prescritto, sono comunque salvaguardate le richieste civili.

Per Giovanni D'Agata, fondatore dello "Sportello dei Diritti", una significativa decisione che dovrebbe far innalzare la soglia di sicurezza da parte di tutti i manutentori e gestori delle strade proprio per evitare conseguenze fatali per gli utenti della strada e pesanti condanne.

 




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Redazione del CorrieredelWeb.it


giovedì 3 gennaio 2013

Lavoro e diritti. Ai sensi della legge 104 il dipendente pubblico ha diritto al trasferimento in ogni caso

Lavoro e diritti. Ai sensi della legge 104 il dipendente pubblico ha diritto al trasferimento anche se non è il solo a poter assistere il familiare disabile

Anche per le forze di polizia, il requisito della continuità ed esclusività stabilito nella 104 risulta essere abrogato. Non è valida la circolare del Dap non aggiornata

 

Un importante sentenza del Tar del Lazio la numero 10239/12 chiarisce il diritto al trasferimento per il lavoratore che assiste un familiare ammalato in applicazione della nota legge 104.

Secondo la decisone della sezione prima quater, l'impiegato pubblico deve essere trasferito in una sede di servizio vicina a casa dall'amministrazione anche se non è l'unica persona che può aiutare il familiare disabile. In tal senso, il requisito della continuità ed esclusività assistenziale posto dall'articolo 33 della legge 104/92 deve ritenersi abrogato dall'art. 24, comma 1, lett. b) della legge 183/10.

Nel caso di specie, è stato accolto il ricorso del dipendente dell'amministrazione penitenziaria contro il "no" al trasferimento richiesto dalla Calabria alla Campania ai sensi della legge 104 del 1992 per poter stare più vicino a un parente che ha gravi problemi di salute.

Per ciò che concerne la competenza del Tar Lazio rileva l'impugnazione della circolare del Dap.

Non vale il rifiuto opposto dall'amministrazione fondato sul mero rilievo dell'inapplicabilità dell'articolo 33 della legge 104/92, in quanto la norma non sarebbe applicabile nei casi in cui la prestazione assistenziale potrebbe essere svolta da altri parenti e affini entro il terzo grado.

È importante precisare rileva Giovanni D'Agata, fondatore dello "Sportello dei Diritti" che secondo i giudici amministrativi l'applicazione della normativa è valida anche per gli appartenenti ai corpi di polizia, proprio in ragione dell'abrogazione del requisito della continuità ed esclusività assistenziale operata dalla novella introdotta con il citato art. 24, comma 1, lett. b) della legge 183/10 .

La conseguenza è sia l'annullamento del provvedimento di rigetto della domanda di trasferimento, sia della circolare del Dap, nella parte in cui non risulta aggiornata.




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Redazione del CorrieredelWeb.it


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