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sabato 7 settembre 2013

Il vicino dev'essere risarcito dal Comune per le immissioni rumorose causate dalle grida dei bambini provenienti dalla scuola

Per le Sezioni Unite della Cassazione, il vicino dev'essere risarcito dal Comune per le immissioni rumorose causate dalle grida dei bambini provenienti dalla scuola

L'azione del cittadino contro l'inosservanza da parte della pubblica amministrazione di canoni di diligenza e prudenza dev'essere esperita davanti al Giudice ordinario sia che sia rivolta al risarcimento che per ottenere un determinato comportamento (facere o non facere)

 

Il vicino della scuola elementare ha diritto al risarcimento del danno da parte del Comune per le immissioni rumorose provenienti dall'edificio scolastico. L'azione per l'inosservanza da parte della pubblica amministrazione dei canoni di diligenza e prudenza, dev'essere esperita dal privato dinanzi al Giudice ordinario. Lo hanno stabilito le Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza 20571 del 6 settembre 2013.

Nel caso di specie, è stato rigettato il ricorso dell'amministrazione comunale di Trezzano sul Naviglio, comune del milanese, avverso la sentenza della Corte d'appello di Milano che aveva ordinato all'ente di limitare a un'ora e mezza al giorno l'accesso al gioco e la presenza di bimbi nell'intera area esterna.

In particolare, un residente del quartiere in cui è situata la scuola comunale aveva agito in sede civile per denunciare gli eccedenti rumori provenienti dalla scuola elementare e domandando il risarcimento dei danni subiti per la lesione della salute.

La Suprema Corte in composizione a Sezioni Unite, sulla scia del giudice di merito dell'appello, ha confermato l'inosservanza da parte della pubblica amministrazione di regole tecniche, cioè di canoni di diligenza e prudenza, stabilendo che possono essere azionata innanzi al giudice ordinario sia la richiesta di condanna della pubblica amministrazione, sia quella per il risarcimento del danno, giacché la domanda non investe allora scelte e atti autoritativi dell'amministrazione, bensì un'attività materiale, soggetta al rispetto del principio generale del "neminem laedere".

Per gli ermellini, quindi, sussiste il diritto del privato al godimento pieno della sua abitazione, con le correlative esigenze di riposo e di quiete influenti anche sulla salute, con le esigenze della scuola pubblica materna ed elementare rappresentanti valori tutelati tutti dalla Costituzione: nel caso in esame, il ristoro richiesto dal vicino, è una richiesta di tutela che, in relazione al medesimo fatto pregiudizievole «si atteggia come risarcitoria quanto al passato e come inibitoria quanto al futuro».

Per Giovanni D'Agata, presidente e fondatore dell'associazione "Sportello dei Diritti", l'importante decisione dei giudici del Palazzaccio e ancor più persuasiva perché resa a Sezioni Unite, è eloquente perché stabilisce testualmente il principio secondo cui «l'inosservanza da parte della pubblica amministrazione, nella gestione (e manutenzione) dei beni che a essa appartengono, (delle regole tecniche, ovvero) dei canoni di diligenza e prudenza, può essere denunciata dal privato dinanzi al giudice ordinario non solo ove la domanda sia volta a conseguire la condanna della p.a. al risarcimento del danno patrimoniale, ma anche ove miri alla condanna della stessa a un facere (o a un non facere), giacché la domanda non investe scelte e atti autoritativi dell'amministrazione, ma attività soggetta al rispetto del principio del "neminem laedere"».

 


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