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venerdì 27 febbraio 2015

Cave, Legambiente e Libera su inasprimento sanzioni



 

Piemonte: nuove norme per le attività estrattive

 

Cave, Legambiente e Libera: "L'inasprimento delle pene è un importante passo avanti. Ora si proceda alla revisione completa della normativa"

 

 

"L'approvazione avvenuta ieri in Consiglio Regionale degli articoli 39 e 40 della legge sulle semplificazioni è una buona notizia e un passo avanti nella giusta direzione verso una revisione più ampia della normativa sulle cave". E' questo il commento di Fabio Dovana e Maria Josè Fava, rispettivamente presidente di Legambiente Piemonte e Valle d'Aosta e referente di Libera Piemonte, sulla norma che prevede l'inasprimento delle sanzioni per gli illeciti legati alle attività estrattive. Un passo in avanti decisivo che prende in considerazione uno dei punti contenuti nella piattaforma l7 (http://l7.liberapiemonte.it), proposta da Libera ai candidati alle elezioni Regionali. Al punto 5, infatti, si chiedeva ai rappresentanti piemontesi di intervenire nel settore delle cave per evitare speculazioni e prevedere la giusta compensazione e tutela per il territorio e la collettività.

 

"L'introduzione della caratteristica della proporzionalità rispetto al materiale estratto per le cave abusive e per chi viola i procedimenti autorizzativi è un importante atto che come Legambiente e Libera chiedevamo da tempo per contrastare la grande fetta di illegalità che si arricchisce a scapito dell'ambiente e degli imprenditori onesti –commentano Fabio Dovana e Maria Josè Fava-. Il settore delle attività estrattive e il ciclo del cemento nel suo insieme sono comparti produttivi di forte interesse della criminalità organizzata, in particolare della 'ndrangheta che da decenni ormai si è ben radicata nella nostra regione. Anche il secondo emendamento introdotto nel decreto, che va a normare le cave di prestito legate alla realizzazione di opere pubbliche, è un importante passo avanti verso una regolamentazione più seria ed efficace. Ora si proceda speditamente verso una revisione completa della normativa del settore, che sia al passo con i tempi e che ponga al centro la legalità e la tutela del territorio, l'innovazione tecnologica e il recupero e il riciclo di materia".


REATI AMBIENTALI A RISCHIO "NON PUNIBILITÀ'" - WWF SCRIVE AL GOVERNO E PROPONE UN EMENDAMENTO

Il Governo ha proposto l'introduzione nel Codice Penale di un nuovo articolo, il 131 bis:

"Esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto". Con questo i giudici potranno decidere di non applicare la pena per tutti i reati puniti con sanzione pecuniaria o con la reclusione sino a cinque anni. Tra questi reati ci sono la gran parte di quelli cosiddetti "ambientali".


E' prevista la possibilità di opposizione da parte della persona offesa dal reato che, per la natura stessa dei beni tutelati dai reati ambientali, è sempre difficile, se non impossibile, individuare.


Per rimediare immediatamente al rischio legato a questa nuova norma il WWF Italia si è appellato al Governo, rivolgendosi all'Ufficio Legislativo del Ministero della Giustizia (capofila del provvedimento), oltre che agli Uffici Legislativi dei Ministeri dell'Ambiente e dei beni Culturali.

 

"Per comprendere la delicatezza ed i rischi del provvedimento" ha dichiarato la Presidente del WWF Italia Donatella Bianchi "basta riflettere sul fatto che quasi tutti i reati che tutelano l'ambiente e gli animali prevedono pene detentive non superiori a cinque anni o la sola pena pecuniaria.

E non meno grave è il fatto che questa "non punibilità" si applicherebbe anche a molti reati posti a tutela del patrimonio culturale e delle aree protette, nonché quelli in materia edilizia; e, ancora, i reati in materia di caccia e sul maltrattamento degli animali o a tutela di valori e beni contenuti in convenzioni internazionali come quella di Washington.

Ed ancora la possibilità di esenzione della pena prevista nella nuova norma coinvolgerà anche i reati di "disastro innominato e di getto pericoloso di cose", utilizzati fino ad oggi in assenza di una specifica normativa penale a tutela dell'ambiente.

I pericoli che deriverebbero da questa nuova norma del codice penale per i beni ambientali, sono certi: il WWF spera che ci sia uno sforzo di tutti i Ministri interessati e si ponga rimedio".

 

Per questo il WWF Italia chiede al Legislatore di escludere esplicitamente dalla formulazione del decreto legislativo le disposizioni a tutela dell'ambiente e degli animali e in tal senso ha avanzato la proposta di un apposito emendamento con la speranza che venga accolto.

"Se così non fosse" conclude la Presidente Bianchi "dovremmo rilevare una sorta di schizofrenia nell'azione di Governo che da un lato lavora per meglio definire e rafforzare i reati ambientali e garantire una corretta azione di prevenzione e repressione in un settore contraddistinto da una molteplicità di comportamenti illegali, mentre da un altro vara norme che rendono possibile l'elusione della pene previste".

 

Roma, 27 febbraio 2015


 

SCHEDA

Il provvedimento che contiene questo nuovo articolo del Codice Penale è l'Atto di Governo n. 130 , cioè lo Schema di Decreto Legislativo in applicazione della legge delega 28 aprile 2014, n. 67. In attuazione di questa viene appunto previsto il nuovo art. 131-bis del Codice Penale che si applica in relazione alla "particolare tenuità dell'offesa" valutata in relazione alla "modalità della condotta", alla "esiguità del danno o del pericolo" e alla "non abitualità del comportamento".

La genericità della formulazione della nuova norma lascia al giudice un'ampia discrezionalità nell'applicazione. Unico elemento di garanzia previsto è quello della possibile opposizione al giudice che può essere fatta dalla "persona offesa", ma questo disposizione è inapplicabile per moltissimi reati ambientali poiché non esiste una "persona offesa" a cui il giudice possa notificare il provvedimento per metterlo nelle condizioni di fare opposizione. Infatti per i reati ambientali non è sempre facilmente individuabile, se non genericamente nella collettività, la "persona offesa" dal reato.

Per sottolineare la necessità di tutelare specie protette come lupi, orsi, aquile e altri animali ogni anno abbattuti dai bracconieri in Italia il WWF ha lanciato in questi mesi una Petizione per   introdurre il nuovo "delitto di uccisione di specie selvatiche protette", violazione punita sinora con una semplice contravvenzione. I reati contro la fauna selvatica rappresentano il 22% del totale dei reati ambientali.



giovedì 26 febbraio 2015

Corruzione. Serve l'aumento delle pene?

Roma, 26 Febbraio 2015. Nel saggio "Dei delitti e delle pene", pubblicato nel 1764, a cura di Cesare Beccaria, si affermava che "non e' l'entita' della pena che ha funzione deterrente ma la certezza della pena stessa". Sono passati 251 anni ma i nostri legislatori non hanno appreso la lezione. Infatti, la commissione Giustizia del Senato, ha deliberato l'aumento della  pena per la corruzione fino a 10 anni. Ovviamente, siamo tutti contrari alla corruzione, ma serve aumentare le pene?

Il pubblico ministero, Carlo Nordio, che si e' occupato dell'inchiesta sul Mose a Venezia, ha dichiarato: "La madre della corruzione, 20 anni fa come oggi, e' la complessità delle leggi. Se devi bussare a cento porte invocando cento leggi diverse per ottenere un provvedimento, e' quasi inevitabile che qualcuna resti chiusa e qualcuno ti venga a dire che devi imparare a oliarla". Dunque non rimane che semplificare le norme esistenti e questo e' compito proprio dei nostri legislatori e amministratori.

Approvare maggiori pene, non riflettendo sul fatto che l'inasprimento non serve e che, semmai, occorre agire sulle procedure per rendere semplice e trasparente cio' che oggi e' complesso.
Dunque? Diffidare dal polverone che e' sollevato da chi propone nuove norme o l'inasprimento di quelle esistenti. Vero e' che sono in vista le elezioni amministrative e mostrare i muscoli porta consenso visto  che il fumo annebbia la vista, e la mano, degli elettori. Facile fare il fumo, piu' difficile fare l'arrosto, cioe' agire sulle cause della corruzione. Quando i nostri legislatori cominceranno a lavorare in questo senso?

Primo Mastrantoni, segretario Aduc


IVA 2015 Tutte le Novità e i Rimborsi

Adottato dalla Commissione Europea

Nelle migliori librerie e su www.fiscopiu.it anche in versione ebook


L'ATTESO MANUALE DI RIFERIMENTO

DI RENATO PORTALE

CON TUTTE LE NOVITÀ SULL'IVA 2015

È IN USCITA PER GIUFFRÈ EDITORE





Punto di riferimento indiscusso per l'aggiornamento e la corretta comprensione di tutte le novità  delle nuove disposizioni IVA 2015 che, quest'anno, sono molto numerose e comprendono: Rimborsi, Split payment, Plafond e nuove regole sugli esportatori abituali, Territorialità per il commercio elettronico, Nuove regole di Inversione contabile e Vies.

 

Milano, 26 Febbraio 2015 – Adottato sin dal 2008 presso la Commissione Europea per monitorare la legislazione e la prassi interna, il Manuale IVA di Renato Portale edito anche quest'anno da Giuffrè Editore resta il più autorevole punto di riferimento, fondamentale per orientarsi e, soprattutto, capire tutte le numerose novità introdotte nelle norme sull'IVA e trovare subito soluzioni concrete ai problemi della pratica.


In uscita nelle migliori librerie e su www.fiscopiu.it anche in formato ebook offre un quadro completo ed esaustivo di tutte le novità sull'IVA introdotte dal Decreto semplificazioni e dalla Legge di stabilità (legge 23 dicembre 2014, n. 190) e negli ultimi documenti di prassi (circolari n. 31/E e 32/E del 30 dicembre 2014), nonché dei cambiamenti dettati dalla normativa e dal diritto dell'Unione.

 

Apprezzato da professionisti e consulenti poiché redatto dal Dr. Renato Portale, riconosciuto come tra i più autorevoli esperto in materia IVA, inquadra gli argomenti in modo completo, esaustivo ed anche critico: individua le problematiche e le possibili soluzioni con taglio chiaro e pratico.

 

Il Manuale garantisce anche, nel corso del 2015, un aggiornamento continuo: 3 volte sul testo ebook e permanente su Pianeta IVA, la rubrica di approfondimento settimanale tenuta dal Dr. Renato Portale su www.fiscopiu.it

 

"Tra semplificazione e austerità sotto il controllo della UE, questo può essere considerato il filo conduttore  delle novità fiscali del 2105 - afferma il Dr. Renato Portale autore del Manuale IVA 2015 che continua – tra le principali, voglio ricordare quella che va sotto il nome di Vies e che, in pratica, consente a chi apre una partita Iva di operare da subito con tutti e 27 i Paesi UE.  Dall'altra, quella sul fronte commercio elettronico, per cui, da oggi, non si versa più l'IVA del Paese del Fornitore dei servizi acquistati su Internet (e-book, APP, file Mp3, ecc…) ma del Paese di residenza dell'acquirente"

 

Chiunque poi volesse continuare ad essere aggiornato tempestivamente su ulteriori novità che potrebbero sopraggiungere nel corso dell'anno, potrà trovare i pareri e le consulenza del Dr. Renato Portale sulla rubrica Pianeta IVA da lui redatta su www.fiscopiu.it

sabato 21 febbraio 2015

Giustizia: giovedì 26 febbraio confronto a Roma con i Giovani di Confapi


 Parteciperanno tra gli altri il Sottosegretario al Ministero della Giustizia Cosimo Ferri ed il Capogruppo dei Socialisti e dei Democratici al Parlamento Europeo Gianni Pittella

Giustizia civile ed alternativa:  l'armonizzazione dei sistemi giuridici al tempo della globalizzazione delle professioni, esperienze internazionali a confronto, proposte e novità normative. Questo il tema del confronto organizzato dalla Fondazione AIGA Bucciarelli che si terrà a Roma al Campidoglio giovedì 26 Febbraio dalle 16 nella Sala Pietro da Cortona dei Musei Capitolini.

Nel corso dell'incontro il presidente nazionale dei giovani di Confapi Angelo Bruscino si confronterà tra gli altri con Sottosegretario al Ministero della Giustizia Cosimo Ferri, il Capogruppo dei Socialisti e dei Democratici al Parlamento Europeo Gianni Pittella, il componente della  Commissione Giustizia al Senato Nico D'Ascola, il componente della Commissione Giustizia alla Camera dei Deputati Gianfranco Chiarelli , con l'Ambasciatore Repubblica di Serbia Ana Hrustanovic, il Primo Segretario Ambasciata Stati Uniti d'America John Barbian, il  Presidente Cassa Forense Nunzio Luciano, il Presidente di Federnotai Carmelo Di Marco e il Presidente Fondazione C.R.E. Roma Europa Domenico Naccari.

"Da ann- dichiara il presidente dei Giovani Imprenditori di Confapi Angelo Bruscino- i si parla di riforma della Giustizia, in un'ottica di revisione costituzionale. A noi imprenditori, invece, piacerebbe parlare di un cambiamento della giustizia finalizzato a obiettivi pragmatici, come quelli di ridare efficienza e modernità a un paese come il nostro, nel quale la durata dei processi civili di primo grado è di 493 giorni, mentre nei paesi aderenti al Consiglio d'Europa è di 287 giorni.

Oggi l'Italia è inserita secondo la classifica "Doing Business 2013" della Banca Mondiale, al 160° posto, sui 185 paesi analizzati, per la durata di una normale controversia commerciale. Meglio di noi fanno nazioni come l'Iraq, il Togo e il Gabo, peggio solo l'Afghanistan …"

Cosa significa per questo paese una giustizia civile inefficiente? Si traduce in una riduzione degli investimenti, soprattutto di quelli provenienti dall'estero; crea asimmetrie nei tassi d'interesse tra diverse regioni del paese; comporta rigidità nel mercato del lavoro; limita la concorrenza nei settori produttivi, nei servizi, e nelle professioni; provoca una distorsione della struttura delle imprese. Per fermarsi solo ai danni più rilevanti!
Secondo uno studio della Banca d'Italia, la lentezza del nostro sistema di giustizia equivale alla perdita di un 1% del Pil, altre stime calcolano che smaltire l'enorme mole di cause pendenti  frutterebbe alla nostra economia il 4,9% del Pil.

Per attuare-continua Bruscino- una riforma della giustizia che ridia a questo paese anche la dignità giuridica che merita e che rilanci l'economia e gli investimenti utili per la crescita basterebbero poche cose: disincentivare l'abuso processuale che rallenta le cause reali adeguando ad esempio il tasso legale a quello di mercato; incentivare la sottoscrizione di polizze di tutela legale a copertura dei costi processuali, sul modello di diversi paesi europei; introdurre i sistemi di Alternative Dispute Resolution, come la negoziazione diretta con valore di titolo esecutivo in presenza degli avvocati, tavoli paritetici, mediazione e arbitrato; incentivare i tribunali che adottino più rapidamente il processo telematico; introdurre la pratica dei giovani nell'Ufficio del Giudice, ossia laureati selezionati secondo criteri qualitativi che affianchino il giudice, configurando la pratica (tra l'altro positivamente sperimentata a Milano) come normale procedura concorsuale per ottenere l'accesso alla magistratura e come tirocinio abilitante per l'avvocatura.

Basterebbe poco, per dare una sterzata al nostro sistema. Il governo sembra già volere candidarsi a voler far sue alcune di queste proposte, noi ci auguriamo che con la stessa forza dimostrata nel portare avanti le altre riforme, si avanzi velocemente sulla strada che porti questo paese ad avere la Giustizia che merita."

 "Il tema della giustizia civile e dei meccanismi alternativi di risoluzione delle controversie-dichiara il Coordinatore Dipartimento ADR e Arbitrato Fondazione AIGA  Massimiliano Castellone-  si pone, in questo preciso momento storico, in una posizione di assoluta centralità. L'accesso alla giustizia ordinaria diventa sempre più difficile ed oneroso, i tempi sono sempre più lunghi, l'inefficienza della macchina–Giustizia è sempre più marcata ed evidente. Ciò impone ad una avvocatura lungimirante e propositiva di lavorare per il perseguimento di strumenti alternativi di risoluzione delle controversie realmente moderni ed innovativi, oltre che efficaci, che partano dal coinvolgimento diretto dei primi operatori del Diritto, cioè gli avvocati.

Abbiamo organizzato quest'evento, che vede relatori illustri sul piano nazionale ed internazionale, anche al fine di discutere delle recenti novità legislative, che hanno introdotto importanti ed innovativi strumenti alternativi al giudizio civile ordinario, quali l'arbitrato endo-processuale e la negoziazione assistita.

Il tema verrà peraltro trattato raffrontando la nostra legislazione con ordinamenti di altri Paesi, dove c'è una maggiore consapevolezza del tema.
Partendo da tutto ciò, saranno elaborate proposte di miglioramento dell'attuale normativa italiana; proposte che verranno sottoposte, sin dalle prossime settimane, alla Presidenza del Consiglio dei Ministri ed al Ministero della Giustizia."

Ingresso libero riservato prenotati al seguente indirizzo: info@ila-giustizia.it

Per ulteriori informazioni e interviste:  
Sara Napolitano 3496062814 - 3203610607
Portavoce del Presidente dei Giovani Imprenditori di Confapi


Confapi
La CONFAPI, Confederazione italiana della piccola e media industria privata, è nata nel 1947 e rappresenta oggi gli interessi di oltre 94.000 imprese manifatturiere, con circa 900.000 lavoratori dipendenti. La CONFAPI opera con mezzi e finalità che rispecchiano la filosofia di gestione di una PMI. Infatti, le risorse umane nelle piccole e medie imprese, rispetto alle grandi aziende, sono maggiormente valorizzate grazie a una collaborazione più stretta e un'attività professionale più prossima all'imprenditorialità. La peculiarità degli interessi e delle modalità di sviluppo dell'impresa piccola e media è una ricchezza del sistema produttivo italiano: adattabilità e flessibilità sono le qualità salienti dell'azienda italiana, modello di riferimento anche per altri Paesi. La CONFAPI, in oltre sessant'anni di storia, ha contribuito allo sviluppo delle PMI, supportandole in tutte le scelte dettate dal mutare degli orizzonti economici.

CONFAPI è una parte sociale riconosciuta e come tale svolge funzione di rappresentanza dell'identità, degli interessi e delle aspettative della piccola e media industria italiana. Per poter espletare tale funzione – che prevede interventi di consultazione, progettazione e programmazione nell'ambito di organismi tecnici e politici – CONFAPI è presente con propri rappresentanti in molteplici istituzioni, enti e organi della pubblica amministrazione italiana. Vede come sue associate delle organizzazioni provinciali e regionali in tutte le 20 regioni d'Italia, ed è dal 2013 un membro di CEA-PME.

venerdì 20 febbraio 2015

UNC su ddl concorrenza: sparita riforma taxi

UNIONE NAZIONALE CONSUMATORI: DDL CONCORRENZA, RENZI CEDE ALLA LOBBY DEI TASSISTI. SPARISCE LA RIFORMA DI TAXI E NCC

 

Nel comunicato ufficiale del Governo sul Consiglio dei Ministri appena concluso, non c'è alcun cenno rispetto alla riforma sui taxi e sul noleggio con conducente (NCC), che dovevano invece essere inserite nel disegno di legge sulla concorrenza.


"Se la sparizione della riforma sui taxi fosse confermata non potremmo che dedurre che anche il Presidente del Consiglio Renzi ha dovuto cedere alla lobby dei tassisti. D'altronde nessun suo predecessore è riuscito a superare questo muro invalicabile, da Prodi a Monti hanno fallito nel tentativo. Ricordiamo che è dal 2006, con l'allora ministro Bersani, che non si riesce a riformare il settore" ha dichiarato Massimiliano Dona, Segretario dell'Unione Nazionale Consumatori.


"Non è possibile mantenere una legislazione anacronistica ed antidiluviana che non tiene conto dell'esistenza dei cellulari e non considera l'esistenza della sharing economy, che rappresenta invece il nuovo che avanza, una nuova frontiera per i consumatori" ha proseguito Dona.


Per l'UNC bisogna stabilire regole nuove che creino le condizioni per un'effettiva concorrenza tra taxi, noleggio con conducente, car sharing, una liberalizzazione che non deve necessariamente andare contro i tassisti, ma che può consentire anche a loro nuove forme di esercizio della professione.

"Invece di difendere uno status quo, ormai superato, invitiamo i tassisti a partecipare ad un tavolo di confronto.


Si tratta di allargare la torta a vantaggio di tutti, invece di litigare per una fetta" ha concluso l'avv. Dona (segui @massidona su Twitter).


Diritto di essere dimenticato presto una legge in Francia?

Il governo prevede di legiferare in modo che le persone che guariscono dal cancro non si troveranno ad affrontare ma più la discriminazione di banche e compagnie di assicurazione

Francois Hollande aveva promesso c'è entro poco più di un anno sarebbe stata finalmente promulgata un'importante normativa in tema di "divieto di discriminazione". Durante la presentazione del terzo Piano contro il cancro (2014-2019) il 4 febbraio dell'anno scorso, il Presidente della Repubblica aveva assicurato che il "diritto all'oblio bancario" sarebbe stato istituito molto rapidamente per gli ex ammalati di cancro.

"Il diritto di essere dimenticato, è la manifestazione di volontà che quando i medici ritengono si è guariti dal cancro, lo si è per il resto della società, in particolare per le banche o assicurazioni "ha detto Marisol Touraine, ministro della Salute francese, sabato scorso in occasione della presentazione della relazione intermedia del Piano contro il cancro all'Eliseo, come riportato da Le Figaro. 

In altre parole, si tratta del diritto di una persona cui è stato diagnosticato un cancro, ma è poi completamente guarito, del non parlare della malattia quando si chiede un prestito bancario.  Perché spesso, è chiaro che gli ex-pazienti si trovino di fronte a una vera e propria battaglia in salita quando vogliono sottoscrivere un contratto di assicurazione per il loro prestito. 

Anche quando sono guariti per anni, gli assicuratori sono riluttanti a dare loro un prestito, o lo fanno solo a livelli 10 volte superiori ai tassi standard.

Per Giovanni D'Agata, presidente dello "Sportello dei Diritti", si tratta di un importante traguardo nella tutela dei diritti che anche l'Italia dovrebbe ripetere al fine di poter garantire gli stessi diritti a coloro che dopo mesi o anni di sofferenze fanno di tutto per ripartire ma trovano degli ostacoli pressochè insormontabili nelle lobby di assicurazioni e banche.



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Redazione del CorrieredelWeb.it


I nonni hanno diritto a vedere i nipoti. Italia condannata dalla Corte di Giustizia

Riconosciuti  i danni morali ai nonni tenuti lontani per 12 anni dalla bimba.I giudici europei condannano il nostro Paese per i ritardi di Tribunale e servizi sociali.Non tutelati i legami familiari

Ben dodici anni i nonni tenuti lontani dalla propria nipote a seguito di una decisione dei tribunali italiani presa dopo che la madre della bimba, moglie del figlio aveva accusato il marito di abusi sessuali sulla figlia. E' la Corte europea dei diritti dell'uomo ha mettere fine a questa triste storia con una sentenza che per Giovanni D'Agata, presidente dello "Sportello dei Diritti", è assai esemplare in quanto non solo è stata rilevata la violazione del diritto dei nonni al rispetto della vita familiare, ma ha anche condannato l'Italia a risarcirli con 16 mila euro per danni morali.

Per i giudici europei le autorità italiane non hanno fatto tutto quanto dovevano per assicurare ai due anziani la possibilità di vedere la nipote.Nel caso di specie, i nonni di origine piemontese non hanno più avuto la possibilità di vedere la nipote dal 2002, quando la bambina aveva cinque anni. In realtà prima della "separazione" avevano rapporti costanti con la minore. Ciò fino a quando la moglie del figlio ha chiesto la separazione, rivolgendo tra l'altro contro l'uomo la gravissima ed infamante accusa di aver molestato la piccola. Incriminazione da cui il genitore era stato completamente assolto nel lontano 2006 «perché il fatto non sussiste».In principio, il tribunale dei minori di Torino aveva ordinato ai servizi sociali di mettere in atto le misure per ripristinare i rapporti tra nonni e nipote, ma poi aveva confermato il divieto in base ai rapporti forniti dai servizi sociali, secondo i quali la piccola li associava a quanto riteneva di aver subito dal padre.

Ma i nonni non hanno desistito e adita la Corte europea, questa ha stabilito che le autorità italiane hanno violato il diritto della madre e del padre del genitore della bambina a mantenere i contatti con la nipote.

E ciò soprattutto perché l'autorità giudiziaria ha impiegato tre anni a decidere sulla richiesta dei due anziani di vedere la nipote, mentre i servizi sociali non hanno fatto incontrare i nonni e la nipote per due anni, nonostante fosse stato ordinato loro di attuare tutte le misure necessarie.

D'altro canto, i nonni avevano comunque seguito tutte le misure prescritte dai servizi assistenziali. Per Strasburgo, nonostante «la grande prudenza che si impone in questi casi» e il fatto che «le misure prese per proteggere il minore possono porre dei limiti ai contatti con i membri della famiglia», le autorità competenti «non hanno fatto tutti gli sforzi necessari per salvaguardare il legame familiare e non hanno reagito con la coscienza richiesta».

mercoledì 18 febbraio 2015

Viaggi in BUS e normative europee: dal reclamo alla sanzione dell'Autorita'

Firenze, 18 Febbraio 2015. Lo scorso Novembre sono finalmente arrivate in Gazzetta, in ritardo, le norme che fissano le sanzioni a carico dei gestori dei servizi di trasporto passeggeri in autobus in caso di mancato rispetto delle regole fissate dal Regolamento UE 181/2011 in vigore dal Marzo 2013 (1).

La nuova Autorità garante in ambito trasporto, l'"Autorità di regolazione dei trasporti" (ART), ha conseguentemente emanato un regolamento che disciplina il procedimento sanzionatorio precisando che esso possa prender vita d'ufficio o a seguito dei reclami dei passeggeri (2).

I reclami devono essere redatti compilando una modulistica specifica ed inviati all'Autorità per raccomandata a/r o pec (o anche telematicamente) dopo che siano decorsi almeno 90 giorni dall'invio del reclamo al vettore (impresa, società) che gestisce il servizio di trasporto con autobus. Per i servizi di linea di competenza locale (regionale, comunale) i reclami possono essere inoltrati anche alle sedi locali dell'Autorità che faranno da tramite con la sede nazionale.

QUI il sito dell'Autorità (ART) con informazioni e modulistica: http://www.autorita-trasporti.it/diritti-dei-passeggeri-trasporto-su-autobus/

Oltre a comminare le sanzioni a carico delle imprese ferroviarie, l'Autorità garante potrà anche decidere se intervenire in urgenza per far cessare le condotte in contrasto con le norme dettate dal Regolamento UE 181/2011.

Da precisare, considerando che si tratta di normativa europea, che le tutele valgono principalmente per i viaggi facenti parte di servizi di linea con tratte da 250 km in su, nazionali e internazionali. Per gli altri tipi di viaggi (con tratte inferiori o non di linea, quindi occasionali) ci sono delle limitazioni e delle deroghe, soprattutto riguardo ai rimborsi e all'assistenza in caso di ritardo o annullamento. Il Regolamento inoltre non riguarda i viaggi in bus facenti parte di un pacchetto viaggio (viaggio organizzato, crociera, etc.), disciplinati a parte dal Codice del turismo.

Ma vediamo quali sono i principali obblighi a carico dei gestori di servizi di trasporto in bus per i quali il passeggero può fare segnalazione.
vedi la tabella al link

Le sanzioni pagate andranno ad alimentare un fondo che, almeno sulla carta, dovrebbe essere utilizzato per finanziare progetti a vantaggio dei consumatori dei settori dei trasporti.

Per ogni dettaglio sui diritti dei passeggeri nell'ambito del trasporto ferroviario si veda la scheda
VIAGGI IN AUTOBUS: I DIRITTI EUROPEI PER I PASSEGGERI: http://sosonline.aduc.it/scheda/viaggi+autobus+diritti+europei+passeggeri_21193.php

(1) D.lgs. 169/2014 in vigore dal 6/12/2014
(2) Regolamento Autorità di regolazione dei trasporti del 20/1/2015

Rita Sabelli, responsabile Aduc aggiornamento normativo

martedì 17 febbraio 2015

Cassazione: è reato detenere l’animale in condizioni incompatibili con la sua natura

Risarcite le associazioni parti civili

Giro di vite della Cassazione per chi maltratta gli animali. Rischia una condanna penale chi detiene gli animali domestici in condizioni incompatibili con la loro natura, anche se li nutre adeguatamente. 

E' quanto ha sancito la Corte di Cassazione che, con la sentenza n. 6829 del 17 febbraio 2015, ha ammonito quanti obbligano a vivere gli amici a quattro zampe in condizioni poco consone con la loro indole, confinati in luoghi angusti.

Con la decisione odierna i Supremi giudici, hanno reso definitiva la condanna di un proprietario di un cavallo che deteneva l'animale in un box angusto, spiegando che «in tema di maltrattamento di animali, il reato permanente di cui all'art. 727 cod. pen. è integrato dalla detenzione degli animali con modalità tali da arrecare gravi sofferenze, incompatibili con la loro natura, avuto riguardo, per le specie più note (quali, ad esempio, gli animali domestici), al patrimonio di comune esperienza e conoscenza e, per le altre, alle acquisizioni delle scienze naturali». Inoltre l'imputato è stato condannato a oltre 12 mila euro fra ammenda, spese legali e risarcimento agli enti costituiti.

Inutile per la difesa il tentativo di smontare l'impianto accusatorio sostenendo che il cavallo era stato ben nutrito ed era regolarmente visitato da un veterinario.

Nello stesso filone giurisprudenziali si incardina un'altra sentenza della Cassazione, la n. 37859/2014, con la quale la terza sezione penale ha ritenuto legittimo il sequestro preventivo di un canile in cui gli animali erano ospitati in misura superiore ai limiti consentiti dalla legislazione regionale.

Per Giovanni D'Agata, presidente dello "Sportello dei Diritti" queste decisioni di oggi sono importanti, perchè arrivano in un momento in cui le associazioni ambientaliste si erano mosse in questi giorni, temendo che il nuovo decreto legislativo sulla "tenuità" del reato potesse rendere vane le norme a tutela degli animali. Per ora gli animalisti di tutta Italia possono tirare un sospiro di sollievo.




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Redazione del CorrieredelWeb.it


LEGGE DEL RIO E RIORDINO DELLE COMPETENZE: LE AREE PROTETTE VENGANO TRASFERITE ALLA REGIONE E NON ALLE PROVINCE

REGIONE TOSCANA E RIORDINO DELLE PROVINCE

 

AREE PROTETTE E BIODIVERSITA' ANCORA UNA VOLTA FANALINO DI CODA, RIMANGONO AFFIDATE ALLE PROVINCE,  ENTI DAL FUTURO DEL TUTTO INCERTO

 

LEGAMBIENTE,  LIPU E WWF SCRIVONO AL PRESIDENTE ROSSI PER CHIEDERE CHE AREE PROTETTE E BIODIVERSITA' SIANO RICOMPRESE NELLE MATERIE DA TRASFERIRSI ALLA REGIONE

 

La Regione Toscana sta chiudendo il percorso di riordino delle Province, che comprende in particolare la definizione di quali materie passeranno da questi Enti, dotati di sempre minori risorse e dal futuro del tutto incerto, ad altri Enti istituzionali.

 

Una ampia serie di materie sarà trasferita direttamente alla Regione, scelta importante per permettere una gestione unitaria e con adeguate competenze di materie complesse come quelle inerenti territorio e ambiente.

Fra queste materie trasferite alla Regione non figurano però nell'attuale proposta di legge le aree protette e la biodiversità, che rimarrebbero di competenza delle Province.

 

Per Legambiente, LIPU e WWF si tratta di una scelta sbagliata e incomprensibile.

Come si può pensare che Enti sempre più svuotati di risorse e di prospettive possano adeguatamente assolvere un compito complesso e di pubblico interesse come la gestione delle aree protette e la salvaguardia della biodiversità? Con questa scelta sembra che la Regione Toscana consideri biodiversità e aree protette come questioni di serie "B", separate e secondarie rispetto alle altre politiche di gestione delle risorse ambientali (foreste, difesa del suolo, agricoltura, caccia e pesca, ecc.) delle quali si è invece assunta la competenza.

 

Legambiente, LIPU e WWF hanno per questo scritto una lettera al Presidente Rossi, invitandolo a modificare l'attuale testo normativo sul riordino istituzionale, in modo da ricomprendere anche aree protette e biodiversità fra le materie di competenza regionale.

E' questa l'unica scelta che può permettere di assolvere in modo efficace ad un compito complesso come quello della tutela ambientale, compito che potrà essere adeguatamente svolto solo se guidato da una regia unica e forte e solo se verranno messe in connessione e collaborazione tutte le risorse umane e materiali che ad oggi sono state finalizzate a queste tematiche sia a livello di uffici regionali che di uffici provinciali e che in un futuro potrebbero creare una struttura unica e coordinata di lavoro.

 

Biodiversità e aree protette non possono e non devono – concludono le Associazioni – essere abbandonate su un binario che rischia di essere un binario morto, bensì devono essere elemento centrale delle politiche territoriali e ambientali e come tali ad esse vanno dedicate adeguate risorse e una adeguata ed efficace struttura organizzativo-gestionale, che non può prescindere nell'attuale riordino da un passaggio diretto di queste materia alla competenza regionale.  

 

 

Firenze, 17 Febbraio 2015

Sentenza.Verbale per l’autovelox nullo se notificato 90 giorni dalla rilevazione

Al Comune è sufficiente la visura al Pra per identificare il proprietario. Non costituisce giustificazione la gestione da parte dell'ente dell'elevato numero di verbali rispetto alla normativa a garanzia del diritto di difesa del cittadino. Il caso del Comune di Milano 

L'elevato numero di verbali ed i conseguenti problemi organizzativi dell'ente che ha accertato le infrazioni al Codice della Strada non costituiscono giustificazione tale da consentire la violazione delle garanzie di legge e non possono ledere i diritti degli automobilisti sanzionati.

Per tali ragioni, non può non essere annullata la multa elevata per l'eccesso di velocità rilevata per il tramite di apparecchiatura elettronica quando la stessa viene notificata oltre novanta giorni dopo la rilevazione.

Sono questi i principi che da sempre Giovanni D'Agata, presidente dello "Sportello dei Diritti" ribadisce in tema di multe seriali e che sono stati correttamente  precisati con l'interessante sentenza 1189/15, pubblicata il 9 febbraio scorso dalla quinta sezione civile del giudice pace di Milano, secondo cui è da ritenersi che la data della violazione di cui all'articolo 142 del Cds coincide con quella della rilevazione anche perché all'ente accertatore è sufficiente una visura al PRA (pubblico registro automobilistico), cui ha peraltro accesso immediato, per accertare il responsabile dell'illecito.

Nella fattispecie il magistrato onorario dottor Diego Perucchini ha accolto il ricorso del proprietario dell'autovettura avverso la multa elevata per eccesso di velocità accertata dallo strumento di rilevazione elettronica in quanto l'infrazione è del 7 giugno 2014, mentre la notifica del verbale è pervenuta al ricorrente soltanto il 20 novembre dello stesso anno e quindi oltre il termine di 90 giorni stabilito dal Codice della Strada.

Ricorda correttamente il giudice meneghino che il Comune ha «accesso immediato» alla banca dati del Pra per individuare il responsabile dell'infrazione: in questi casi la data della violazione deve ritenersi coincidente con quella dell'accertamento.

E' diversa solo l'ipotesi in cui il veicolo sia a noleggio ovvero in leasing, laddove invece è necessaria una dichiarazione del proprietario circa il nominativo dell'utilizzatore del veicolo: in tal caso il termine di novanta giorni decorre da giorno in cui l'amministrazione risulta messa in condizione di provvedere all'individuazione del trasgressore. Nel caso affrontato, tuttavia, il Comune non ha sollevato simile.

Al contrario, ha lamentato soltanto il gran numero di infrazioni che si vede costretto a gestire. E qui è il giudice che, in un certo senso, bacchetta l'amministrazione comunale del capoluogo meneghino - balzata alle cronache per l'esponenziale aumento dei verbali di questo tipo - nell'affermare testualmente che: "tali ragioni derivanti da insufficienza dell'organizzazione interna dell'ente al disbrigo del numero elevato di contravvenzioni accertate non siano tali da giustificare la violazione di un termine che è stabilito dalla legge a garanzia dell'effettività del diritto di difesa del soggetto cui viene notificato il verbale di contestazione".

16 febbraio 2015      


lunedì 16 febbraio 2015

Pratica commerciale scorretta. Antitrust sanziona Techmania

Firenze, 16 febbraio 2015. L'Autorita' Garante della Concorrenza e del Mercato (Antitrust) ha sanzionato per 200.000,00 euro la societa' Techmania srl per pratica commerciale scorretta. Attraverso il loro sito web hanno venduto prodotti di cui non avevano disponibilita', e nonostante affermassero il contrario sul loro web; inoltre avrebbero sempre eluso le richieste di spiegazioni da parte dei loro clienti. Una pratica commerciale che andava avanti da diverso  e che, il mese scorso, ci aveva portato, dopo aver dato indicazioni ai singoli consumatori di fare altrettanto da soli, a denunciare all'Autorita' questa societa' (1). Un'attivita' di segnalazione che oggi ha dato i propri frutti, portando l'Autorita' ad emanare questo provvedimento.
Le segnalazioni pervenute all'Associazione hanno riguardato:
- la mancata consegna della merce ordinata entro i tempi di disponibilità indicati sul sito www.techmania.it ;
- Ritardi oltre i tempi massimi di consegna previsti nelle condizioni di vendita;
- Difficoltà e ritardo nel rimborso delle somme corrisposte a seguito di inadempimento del venditore.
Qui il provvedimento dell'Antitrust: http://www.agcm.it/trasp-statistiche/doc_download/4705-4-15.html

(1) http://www.aduc.it/comunicato/acquisti+online+esposto+all+antitrust+sito_22806.php

La nuova procedura di negoziazione assistita obbligatoria

Firenze, 16 febbraio 2015- Il decreto legge n. 132/2014, convertito nella l. n. 162/2014 – in vigore dal 9 febbraio 2015 – ha introdotto l'obbligo di tentare una conciliazione (negoziazione) prima di iniziare una causa con cui si intende chiedere il pagamento – a qualsiasi titolo - di somme inferiori a 50.000 euro nonche' per tutte le cause, indipendentemente dal valore, per il risarcimento del danno derivante da circolazione di veicoli e natanti.
La parte quindi prima di iniziare una causa dovra', a pena di improcedibilita', tentare la negoziazione assistita rivolgendosi ad un avvocato.

Esclusioni.
Data la regola generale, la legge prevede poi una serie di importanti eccezioni. La negoziazione assistita NON e' infatti obbligatoria nei seguenti casi:
- nelle cause in cui la parte puo' stare in giudizio personalmente, vale a dire innanzi al Giudice di Pace in tutte le cause di valore inferiore ai 1.100 euro;
- nelle cause che hanno ad oggetto diritti indisponibili, quale ad esempio il diritto agli alimenti, che scaturisce dai rapporti familiari;
- nelle cause in materia di lavoro;
- nei procedimenti per ingiunzione e nel giudizio di opposizione. Non sara' quindi obbligatorio esperire il tentativo di negoziazione assistita prima di richiedere l'emissione di un decreto ingiuntivo ne' prima di iniziare l'azione di opposizione a decreto ingiuntivo;
- nelle cause che hanno ad oggetto obbligazioni contrattuali che derivano da contratti conclusi fra consumatore e professionisti (ad esempio, responsabilita' del produttore per danno da prodotto difettoso, richieste di restituzioni economiche derivanti dall'esercizio del diritto di recesso, richieste economiche derivanti da difetti di conformita' del bene ecc.)
- nei procedimenti di CTU preventiva ai fini della composizione della lite (art. 696 bis c.p.c.);
- nell'azione civile esercitata nel processo penale;
- nei procedimenti di opposizione o incidentali relativi all'esecuzione forzata;
- nei procedimenti in camera di consiglio.

Negoziazione assistita, cosa vuol dire.
Prima di iniziare la causa, l'avvocato scrivera' alla controparte, invitandola a stipulare una convenzione di negoziazione assistita. L'invito dovra' essere firmato anche dalla parte - e la sua firma autenticata dal legale - e dovra' specificare l'oggetto della controversia, avvertendo che la mancata risposta entro 30 giorni o il rifiuto potranno essere valutate dal giudice ai fini delle spese di giudizio.

A questo invito la controparte potra' reagire in tre modi:
- comunicare il proprio rifiuto a stipulare una convenzione di negoziazione assistita. In questo caso, ricevuta la risposta negativa la parte potra' iniziare la causa;
- non rispondere. La parte dovra' attendere trenta giorni dalla ricezione dell'invito per poi procedere in giudizio;
- rispondere aderendo all'invito.

In quest'ultimo caso le due parti, con i propri avvocati stipuleranno in forma scritta una "convenzione di negoziazione assistita", vale a dire un accordo con cui si impegnano entro un termine in essa stabilito a cooperare in buona fede e con lealtà per risolvere stragiudizialmente la controversia. Tale termine non deve essere inferiore a un mese, né superiore a tre mesi, prorogabile per altri 30 giorni su accordo tra le parti.

Se si raggiunge un accordo esso diventera' titolo esecutivo e titolo per l'iscrizione di ipoteca giudiziale e dovra' essere integralmente trascritto nel precetto ai sensi dell'art. 480, 2° comma, c.p.c. In caso di mancato raggiungimento dell'accordo entro il termine stabilito nella convenzione di negoziazione assistita la parte potra' iniziare l'azione giudiziale.
Cosa succede se si inizia una causa senza aver invitato la controparte alla negoziazione assistita?

Il mancato invito alla stipula di convenzione di negoziazione assistita e' causa di improcedibilita' della domanda posta in giudizio. L'improcedibilita' deve essere eccepita dalla controparte o rilevata d'ufficio dal giudice entro la prima udienza.
Quando, d'ufficio o su istanza della controparte convenuta in giudizio, il giudice verifica che la negoziazione non è stata esperita, assegna un termine di 15 giorni per la comunicazione dell'invito.

Nel caso invece il giudice rilevi che la negoziazione assistita e' stata iniziata ma non conclusa, poiche' non e' ancora scaduto il termine individuato nella convenzione, fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine.

Rapporti con la mediazione obbligatoria.
La negoziazione assistita non sostituisce la mediazione obbligatoria nelle materie elencate dall'articolo 5, comma 1 del d.lgs. 28/2010., che resta per le cause per le quali e' gia' prevista. Nel caso in cui la richiesta di pagamento sia connessa ad altra domanda per la quale e' prevista la mediazione obbligatoria, ad esempio l'accertamento di un diritto e il pagamento di una somma di denaro in ragione di tale accertamento, occorrera' seguire la sola procedura di mediazione obbligatoria.

Costi della procedura e primi commenti.
Riteniamo che il solo invito alla negoziazione non comportera' per le parti costi particolari, considerato che in linea di massima prima di iniziare una causa l'avvocato scrive alla controparte una lettera con la funzione di mettere in mora la controparte al fine di ottenere una risoluzione stragiudiziale o il pagamento spontaneo. L'invito ben potra' essere contenuto (con i requisiti suelencati) in questa missiva, senza particolari costi aggiuntivi. Inoltre, nei casi in cui la negoziazione assistita è condizione di procedibilità della domanda, all'avvocato non sono dovuti compensi quando la parte è nelle condizioni di potere accedere al patrocinio a spese dello Stato.

Laddove ci fosse poi la stipula di una convenzione e il raggiungimento di un accordo soddisfacente per entrambe le parti si risparmierebbero i costi del giudizio, sia in termini di spese vive (contributo unificato) che di proprie spese legali, che di esposizione alla condanna al pagamento delle spese legali altrui. Inoltre, si definirebbe subito una controversia i cui tempi giudiziali non sono mai preventivabili, anzi, sono tendenzialmente molto lunghi se si considera anche la possibilita' dell'appello.

Ma non c'era certo bisogno del decreto legge sulla negoziazione assistita per "scoprire" che ottenere soddisfazione del proprio credito stragiudizialmente e' preferibile ad avviare un giudizio civile. Cio' che invece potrebbe produrre concreti vantaggi sarebbe l'effetto deterrente di una effettiva condanna alle spese della parte soccombente, che induca la controparte che intende resistere al giudizio a soli fini dilatori a negoziare per evitare conseguenze economiche penalizzanti.
Un simile effetto deterrente e' contenuto nel decreto legge solo in termini possibilistici: si legge infatti all'art. 4 che la mancata adesione alla negoziazione assistita "puo' essere valutato dal giudice ai fini delle spese del giudizio".

"Puo'", non "deve".
Viene meno cosi', a nostro avviso, il senso dell'introduzione delle negoziazione assistita, che diventa un inutile duplicato delle procedure gia' esistenti, del tentativo di conciliazione davanti al giudice gia' previsto dall'art. 185 del codice di procedura civile, della proposta di conciliazione del giudice gia' previsto dall'art 185 bis del codice di procedura civile, della mediazione civile (re)introdotta con il d.lgs. 28/2010 e di tutti i vari strumenti di ADR, che non potranno funzionare appieno fintantoche' alla soccombenza non saranno ricollegati reali effetti economici negativi, dalla condanna alle spese ai risarcimenti "punitivi", introdotti con d.lgs. 69/09 (art. 96, ultimo comma: "in ogni caso il giudice puo' altresi' condannare la parte soccombente al pagamento a favore della controparte di una somma equitativamente determinata"). Anche in quest'ultimo caso, si noti, il giudice "puo'".

Emmanuela Bertucci, legale Aduc

domenica 15 febbraio 2015

Basta scherzi sul lavoro. E’ legittimo per la Corte di Cassazione licenziare il dipendente per i ripetuti scherzi fatti al collega

Per la Suprema Corte si tratta di un grave inadempimento degli obblighi di diligenza

Da domani solo facce cerulee e visi spenti sul luogo di lavoro perché fare troppi scherzi al collega può costare il posto.È l'incredibile vicenda processuale accaduta ad un lavoratore - rileva Giovanni D'Agata, presidente dello "Sportello dei Diritti" - a portare alla ribalta un tema "carnevalesco" che però non fa ridere, quello del limite tra scherzo che non va punito e scherzo che integra addirittura una conseguenza censurabile con la massima sanzione disciplinare: il licenziamento.

La sezione lavoro della Corte di Cassazione con la sentenza 2904, depositata il 13 febbraio, e guarda caso, proprio in pieno periodo di Carnevale, ha stabilito il principio secondo cui fare troppi scherzi sul lavoro costituisce un grave inadempimento degli obblighi di diligenza tale da legittimare il recesso datoriale dal contratto di lavoro.

Nella fattispecie, il giudici di Piazza Cavour hanno accolto le doglianze dell'azienda e rigettato quelle del dipendente che aveva ottenuto dalla Corte d'Appello di Torino il reintegro nel posto di lavoro perché aveva rilevato che l'aver inserito carta e altro materiale di risulta nei sedili delle auto, durante le operazioni di assemblaggio eseguite da una collega, non poteva essere considerato una giusta causa di licenziamento.

Ma i giudici di legittimità hanno ritenuto corretto ribaltare la sentenza della corte piemontese e dare ragione al datore di lavoro.Rilevano gli ermellini, che la sentenza impugnata «non solo ha accertato la sussistenza dei fatti e la commissione ad opera del lavoratore, ma ha anzi accertato che fatti identici a quelli contestati fossero stati più volte commessi da questi in passato, ritenendo tuttavia difettare la proporzione tra i fatti contestati e la massima sanzione, opinando che essi fossero da imputare a "scherzi" compiuti soprattutto nei confronti dell'addetta ai controlli, evidenziando inoltre che tale comportamento non rientrava in alcuna delle ipotesi previste dal Ccnl quali causa di licenziamento».

Ma la stessa decisione, secondo i giudici ha da una parte accertato che, anche per il notevole prolungarsi della condotta, questa «non può che qualificarsi come un grave inadempimento degli obblighi di diligenza e correttezza gravanti sul lavoratore subordinato; d'altro canto ha, però, escluso la legittimità della massima sanzione, qualificando i fatti come un presunto gioco o scherzo perpetrato nei confronti dell'addetta ai controlli».I giudici del Palazzaccio, al contrario di quanto ritenuto dalla corte di secondo grado, ha considerato l'ipotesi di danneggiamento volontario al materiale dell'azienda che, come previsto dal contratto nazionale, legittima il licenziamento. Comportamento che risulta poter concretare «anche quel grave nocumento morale o materiale per l'azienda, pacificamente previsto dall'articolo 10 del contratto nazionale quale giusta causa di licenziamento».



venerdì 13 febbraio 2015

Incidenti e animali randagi. Cassazione: obbligo di risarcimento, è "omissione della PA sul fronte della lotta al randagismo".

Il randagismo è una piaga che non sempre i comuni e le Asl affrontano con la dovuta efficacia, tanto che sono quotidiani i danni subiti da automobilisti e motociclisti in conseguenza del passaggio improvviso di cani abbandonati o nel caso dei pedoni a causa del loro morso o delle loro aggressioni. Sono persuasive, in tal senso tutte le decisioni che attribuiscono una specifica responsabilità ai vari enti in tema di danni connessi al randagismo per determinare una lotta più convincente al fenomeno.

L'ultima che vale la pena di segnalare, sottolinea Giovanni D'Agata, fondatore dello "Sportello dei Diritti", è la sentenza della Corte di Cassazione n. 2741/15 depositata il 12 febbraio 2015, sez. III Civile, che ha ritenuto responsabili dello scontro stradale fra un cane randagio e il motocicilista, caduto in seguito al passaggio di una cane randagio, l'Azienda sanitaria e il Comune. Per quanto possa essere insolito, il recupero di animali randagi è il nodo cruciale della sentenza che è all'origine dell'incidente per cui ci sono "omissioni della pubblica amministrazione sul fronte della lotta al randagismo". Semplicemente quel cane non doveva vagare per la strada.L'orientamento della Cassazione è di far risalire la fonte di responsabilità al Comune.

L'amministrazione comunale, in tali casi, non può essere esonerata da responsabilità in virtù del principio del "neminem laedere", che la rendono responsabile dei danni conseguenti alle condotte omissive per comportamenti dovuti, che costituiscono il limite esterno alla sua attività discrezionale. Da  ciò discende che l'ente locale deve risarcire i danni patiti da un motociclista aggredito da un cane randagio durante la marcia del mezzo, poiché l'amministrazione locale, ai sensi della legge-quadro 14 agosto 1991, n. 281 e delle relative leggi regionali in tema di animali di affezione e prevenzione del randagismo, è obbligato, in correlazione con gli altri soggetti indicati dalla legge, al rispetto del dovere di prevenzione e controllo del randagismo sul territorio di competenza. Inoltre la pubblica amministrazione, si legge nel provvedimento, è responsabile dei danni riconducibili all'omissione dei comportamenti dovuti e il Comune deve rispondere dei danni patiti dall'infortunato a causa della presenza, non prevista, improvvisa e non evitabile, di un cane randagio.

Testimoni e ai certificati medici avevano dimostrato il ricovero del conducente presso il pronto soccorso in conseguenza del sinistro verificatosi lungo una strada cittadina, a regolare percorrenza urbana. Pertanto, per la Cassazione è legittimo richiedere il risarcimento danni alla pubblica amministrazione. Il conducente verrà risarcito dal Comune il quale, se dotato di polizza, si rifarà sulla propria compagnia di assicurazione o direttamente dalla compagnia assicuratrice chiamata in garanzia.

giovedì 12 febbraio 2015

Tributi e imposte non pagate. Le novita' del ravvedimento operoso dal 1 gennaio

Firenze, 12 febbraio 2015. Il nostro Governo sta cercando di rendere più appetibili le regolarizzazioni spontanee delle violazioni di mancato o insufficiente pagamento di imposte e tributi, il cosiddetto "ravvedimento operoso" tramite il quale si può fruire di sanzioni ridotte.

Una delle grosse novità introdotte dalla Legge di Stabilità 2015 (1) e' senz'altro l'eliminazione dei vincoli temporali per regolarizzare gli errori e l'introduzione di sanzioni ridotte maggiormente diversificate rispetto al momento in cui ci si regolarizza.

Più precisamente l'eliminazione del limite temporale entro cui ci si può regolarizzare riguarda tutti i tributi di competenza dell'Agenzia delle entrate (imposte sui redditi, iva, imposta di registro etc.) i cui mancati o insufficienti pagamenti possono essere regolarizzati sempre, anche dopo due anni dalla scadenza ed anche se e' già iniziata un'attività di ispezione tributaria (a meno che non sia già stato notificato un atto di liquidazione o accertamento anche a seguito di controlli automatici o formali art.36-bis e 36 ter Dpr 600/73).

Per questi tributi dal 1/1/2015 si aggiungono infatti ai classici termini di regolarizzazione (30 giorni con sanzione ridotta ad 1/10 oppure un anno con sanzione ridotta ad 1/8) anche la possibilità di regolarizzarsi entro due anni (sanzione ridotta ad 1/7) oppure oltre (sanzione ridotta ad 1/6).

Anche nel caso in cui un'eventuale visita fiscale si concluda con la consegna di un processo verbale di constatazione (PVC) il contribuente potrà "chiudere la partita" pagando una sanzione ridotta ad 1/5 del minimo, con eccezione delle violazioni agli obblighi strumentali iva (scontrini fiscali, ricevute fiscali, documenti di trasporto, installazione misuratori fiscali). 

In pratica il ravvedimento può sostituire la classica "adesione al processo verbale di constatazione" , ancora fruibile per tutto il 2015, che consente allo stesso modo il pagamento di sanzioni ridotte, c'e' da dirlo, più favorevoli (1/6, vedi nota 2).
Negli altri casi, ovvero per tributi non di competenza dell'Agenzia delle entrate (tributi locali, bollo auto, etc.) la regolarizzazione continua a potersi fare entro massimo un anno ma viene introdotto, oltre a quello di 30 giorni dalla scadenza, un ulteriore termine di 90 giorni con pagamento di sanzione ridotta ad 1/9. Questo nuovo termine intermedio e' applicabile anche ai tributi dell'Agenzia delle entrate già detti.

Le nuove disposizioni specificano anche che la regolarizzazione (pagamento sanzione ridotta e interessi) non impedisce l'inizio o la prosecuzione di accessi, ispezioni, verifiche o altre attività di controllo e accertamento che l'Amministrazione potrebbe aver attivato.

Un'ultima precisazione: l'eliminazione del limite temporale non vale in caso di omessa presentazione delle dichiarazioni obbligatorie, che rimane regolarizzabile entro tre mesi.

Si ricorda anche che il ravvedimento operoso prevede, oltre al pagamento delle sanzioni ridotte, il pagamento degli interessi legali calcolati giorno per giorno dalla scadenza mancata fino al giorno di regolarizzazione. Il tasso di interesse legale vigente dal 1/1/2015 e' lo 0,50%.

Per approfondimenti si può consultare la scheda pratica
Regolarizzare inadempimenti su imposte e tributi: il ravvedimento operoso: http://sosonline.aduc.it/scheda/ravvedimento+operoso_10982.php

(1) Legge 190/2014 art.1 commi 637 che modifica l'art.13 Dlgs 472/1997
(2) Informazioni sull""adesione al processo verbale di constatazione": http://www.agenziaentrate.gov.it/wps/content/Nsilib/Nsi/Home/CosaDeviFare/InCasoDi/Controlli/SchedaInfoIcontrolli/Processo+verbale+di+constatazione/

Rita Sabelli, responsabile Aduc aggiornamento normativo



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Intestazioni temporanee di auto: il Consiglio di Stato boccia il ricorso di MIT e Ministero Interno - COMUNICATO STAMPA

Il Consiglio di Stato ha rigettato gli appelli presentati dai Ministeri dei Trasporti e dell'Interno contro le Ordinanze di sospensiva del TAR del Lazio di novembre scorso che avevano sospeso l'efficacia della Circolare del MIT (10 luglio 2014) sull'intestazione temporanea dei veicoli.

 

Anche il Consiglio di Stato ha quindi ritenuto opportuno sospendere, per la parte relativa alle attività di locazione veicoli, l'efficacia della Circolare che (in relazione alla legge n.210 del 2010) stabiliva anche per le attività di noleggio l'obbligo di registrazione all'Archivio Nazionale dei Veicoli per gli utilizzatori di auto per oltre 30 giorni. 

Le difficoltà operative e gli elevati costi connessi avevano indotto diverse aziende del noleggio a chiedere l'intervento della giustizia amministrativa. 

Tutto è al momento demandato all'udienza di merito di fronte al TAR del prossimo 28 maggio.



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mercoledì 11 febbraio 2015

L'irriverente. Ma il Consiglio Superiore della Magistratura, tutela anche il giudizio sui cittadini?

Firenze, 11 febbraio 2015. Il Consiglio Superiore della Magistratura (CSM) ha deciso di trasferire, come misura cautelare, il giudice Alfredo Robledo da Milano a Torino, in funzione di giudice giudicante e non di pubblico ministero (PM). La decisione e' stata presa perche' il procuratore aggiunto di Milano avrebbe avrebbe avuto uno scambio di favori con un avvocato della Lega Nord: avrebbe passato informazioni su atti coperti da segreto relativi all'inchiesta sui rimborsi indebitamente percepiti da consiglieri regionali della Lombardia, e in cambio avrebbe ottenuto copia di atti riservati sull'ex-eurodeputato Gabriele Albertini, controparte di Robledo in un processo per calunnia. Robledo si difende, ed ha annunciato un ricorso in merito, sostenendo che non si trattava di atti riservati e che non aveva ottenuto nessun vantaggio.
Gli addetti ai lavori ci stanno informando sui vari risvolti e sulle varie battaglie di pinco contro pallo all'interno del mondo della Giustizia (le cronache dei media sono in questi giorni piene di informazioni e approfondimenti). A noi questo interessa relativamente, per cui puntiamo la massima attenzione li' dove sono i diritti dei cittadini che in qualche modo devono avere a che fare con la giustizia. E ci viene spontanea una domanda/riflessione:
Il provvedimento del CSM e' di misura cautelare, quindi ci sara' una successiva sentenza di merito. Nell'ordinanza che ha disposto il trasferimento a Torino e la sospensione del giudice dall'attivita' di pm ma non dall'attivita' giudicante, c'e' scritto che "l'assoluta opacita' nel rapporto con il difensore emerge in tutta la sua gravita'". Il CSM, quindi, valuta questa opacita' compromissoria solo della funzione di pubblica accusa ma non di quella giudicante. Ma, dalla parte dei cittadino che sara' giudicato da questo giudice, perche' questo non dovrebbe essere un grave motivo per sospendere il giudice in assoluto?
Noi, che crediamo la fase giudicante non secondaria rispetto a quella dell'accusa, ci auguriamo per Robledo una sentenza di merito che lo assolva del tutto, ma non comprendiamo perche' -allo stato- a farne le spese devono essere i semplici cittadini utenti dei servizi della giustizia. C'e' qualcosa che ci sfugge in questa decisione del CSM?

Vincenzo Donvito, presidente Aduc






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Redazione del CorrieredelWeb.it


Reato di negazionismo. Si sa da dove si parte ma non dove si arriva

Firenze, 10 Febbraio 2015. Il Senato si appresta a discutere il disegno di legge in cui, tra l'altro, si afferma che il negazionismo (dell'Oloausta ebraico, ma non solo) sia considerato un reato.

A nostro avviso, l'introduzione di un simile reato nel nostro codice penale e' pericolosa. Non si tratta di assecondare, dandogli valore culturale e storico, chi sostiene che l'Olocausto non ci sia mai stato e che e' una invenzione della potente e malvagia mente delle lobby israelite. O, andando anche oltre l'Oloausto e prendendo in considerazione tutti i piu' efferati crimini che gli umani hanno compiuto e compiono, non si tratta di assecondare chi, in nome del proprio giu8stificazionismo ideologico e/o religioso, fa di tutto per crearsi fatti e storie che diano piu' senso e razionalita' al proprio credo. No, non si tratta di questo, anche se le motivazioni principali dei sostenitori di questo reato sono per non dare spazi e credibilita' alla disumanita' e alla violenza che caratterizza talvolta i negazionisti.

Ci domandiamo come mai il promo emendamento della Costituzione degli Usa non abbia insegnato ai piu' che liberta' e giustizia si affermano meglio senza negare ad ogni individuo di credere in cio' che ritiene piu' opportuno: la terzietà della legge rispetto al culto della religione e il suo libero esercizio, nonché la libertà di parola e stampa; il diritto di riunirsi pacificamente; e il diritto di appellarsi al governo per correggere i torti.

Una contraddizione che il nostro legislatore si appresta ad inserire nei nostri codici e che, a nostro avviso, non dovrebbe' essere accettata neanche da coloro che si ostinano a non voler prendere in considerazione il metodo e la prassi statunitense.

Anche nella nostra cultura "europea" (ammesso che sia distante e diversa da quella delle Americhe del Nord) ci sono validi elementi per non far diventare il negazionismo un crimine. Il concepimento verginale di Gesù da parte di Maria, avvenuto per volontà divina, è considerato verità di fede da tutte le confessioni cristiane. Chi non e' cristiano e nega questo concepimento, e' a tutti gli effetti, per i cristiani, un negazionista. La religione cristiana non e' secondaria nel nostro Paese: non e' piu' quella di Stato, ma ha sicuramente un suo canale privilegiato visto che i Patti Lateranensi fanno parte della nostra Costituzione, e il Concordato consente una serie di privilegi economici che altre confessioni non-cristiane non hanno.

Domanda: esiste forse un cristiano o un'autorita' religiosa cristiana che tratterebbe come criminale chi non crede alla verginita' della Madonna? Non ci sembra  (in generale). Nel contempo, considerando la parte non-religiosa delle nostre istituzioni, c'e' qualche non-crsitiano che vorrebbe negare ad un cristiano di credere in questa verginita', per quanto assurda e irrazionale questa possa sembrare a chi non ha e non pratica questa fede? Non ci sembra proprio.
E allora: perche' impedire a qualcuno di credere che dei fatti e degli accadimenti storici possano essere stati tali?

Se poi qualcuno commette dei reati in nome del proprio negazionismo, sia questo della verginita' della Madonna o dell'Olocausto, e' ovvio che il discorso e' un altro. A sostegno di questo valga cio' che accade in Usa come conseguenza del primo emendamento. Oppure c'e' qualcuno che se la sente di sostenere che in Usa, per questo motivo, gli ebrei -per esempio- sono perseguitati?

E in Francia, dove il reato di negazionismo esiste, la Francia patria dei lumi? Direbbe qualcuno. Noi, che siano estimatori e praticanti dei dettami dell'Illuminismo, non abbiamo problemi a riconoscere che, nella fattispecie, la sorella Francia non abbia proprio brillato. Non solo, il giorno dopo la mega-manifestazione contro l'eccidio dei giornalisti di Charlie-hebdo, incline a questa mancanza di brillantezza, e' stata proprio la Francia ad arrestare e giudicare un attore (M'Bala Dieudonné) perche' esprimeva la sua opinione (in termini teatrali) cosi' come le vittime del settimanale satirico esprimevano la loro.... non proprio un bell'esempio di pratica e di liberta' di espressione,

(1) «Il Congresso non promulgherà leggi per il riconoscimento ufficiale di una religione, o che ne proibiscano la libera professione, o che limitino la libertà di parola, o di stampa; o il diritto delle persone di riunirsi pacificamente in assemblea, e di fare petizioni al governo per la riparazione dei torti.»

Vincenzo Donvito, presidente Aduc

martedì 10 febbraio 2015

Reato di negazionismo. Si sa da dove si parte ma non dove si arriva

Firenze, 10 Febbraio 2015. Il Senato si appresta a discutere il disegno di legge in cui, tra l'altro, si afferma che il negazionismo (dell'Oloausta ebraico, ma non solo) sia considerato un reato.
A nostro avviso, l'introduzione di un simile reato nel nostro codice penale e' pericolosa. Non si tratta di assecondare, dandogli valore culturale e storico, chi sostiene che l'Olocausto non ci sia mai stato e che e' una invenzione della potente e malvagia mente delle lobby israelite. O, andando anche oltre l'Oloausto e prendendo in considerazione tutti i piu' efferati crimini che gli umani hanno compiuto e compiono, non si tratta di assecondare chi, in nome del proprio giu8stificazionismo ideologico e/o religioso, fa di tutto per crearsi fatti e storie che diano piu' senso e razionalita' al proprio credo. No, non si tratta di questo, anche se le motivazioni principali dei sostenitori di questo reato sono per non dare spazi e credibilita' alla disumanita' e alla violenza che caratterizza talvolta i negazionisti.
Ci domandiamo come mai il promo emendamento della Costituzione degli Usa non abbia insegnato ai piu' che liberta' e giustizia si affermano meglio senza negare ad ogni individuo di credere in cio' che ritiene piu' opportuno: la terzietà della legge rispetto al culto della religione e il suo libero esercizio, nonché la libertà di parola e stampa; il diritto di riunirsi pacificamente; e il diritto di appellarsi al governo per correggere i torti.
Una contraddizione che il nostro legislatore si appresta ad inserire nei nostri codici e che, a nostro avviso, non dovrebbe' essere accettata neanche da coloro che si ostinano a non voler prendere in considerazione il metodo e la prassi statunitense.
Anche nella nostra cultura "europea" (ammesso che sia distante e diversa da quella delle Americhe del Nord) ci sono validi elementi per non far diventare il negazionismo un crimine. Il concepimento verginale di Gesù da parte di Maria, avvenuto per volontà divina, è considerato verità di fede da tutte le confessioni cristiane. Chi non e' cristiano e nega questo concepimento, e' a tutti gli effetti, per i cristiani, un negazionista. La religione cristiana non e' secondaria nel nostro Paese: non e' piu' quella di Stato, ma ha sicuramente un suo canale privilegiato visto che i Patti Lateranensi fanno parte della nostra Costituzione, e il Concordato consente una serie di privilegi economici che altre confessioni non-cristiane non hanno. Domanda: esiste forse un cristiano o un'autorita' religiosa cristiana che tratterebbe come criminale chi non crede alla verginita' della Madonna? Non ci sembra  (in generale). Nel contempo, considerando la parte non-religiosa delle nostre
istituzioni, c'e' qualche non-crsitiano che vorrebbe negare ad un cristiano di credere in questa verginita', per quanto assurda e irrazionale questa possa sembrare a chi non ha e non pratica questa fede? Non ci sembra proprio.
E allora: perche' impedire a qualcuno di credere che dei fatti e degli accadimenti storici possano essere stati tali?
Se poi qualcuno commette dei reati in nome del proprio negazionismo, sia questo della verginita' della Madonna o dell'Olocausto, e' ovvio che il discorso e' un altro. A sostegno di questo valga cio' che accade in Usa come conseguenza del primo emendamento. Oppure c'e' qualcuno che se la sente di sostenere che in Usa, per questo motivo, gli ebrei -per esempio- sono perseguitati?
E in Francia, dove il reato di negazionismo esiste, la Francia patria dei lumi? Direbbe qualcuno. Noi, che siano estimatori e praticanti dei dettami dell'Illuminismo, non abbiamo problemi a riconoscere che, nella fattispecie, la sorella Francia non abbia proprio brillato. Non solo, il giorno dopo la mega-manifestazione contro l'eccidio dei giornalisti di Charlie-hebdo, incline a questa mancanza di brillantezza, e' stata proprio la Francia ad arrestare e giudicare un attore (M'Bala Dieudonné) perche' esprimeva la sua opinione (in termini teatrali) cosi' come le vittime del settimanale satirico esprimevano la loro.... non proprio un bell'esempio di pratica e di liberta' di espressione,

(1) «Il Congresso non promulgherà leggi per il riconoscimento ufficiale di una religione, o che ne proibiscano la libera professione, o che limitino la libertà di parola, o di stampa; o il diritto delle persone di riunirsi pacificamente in assemblea, e di fare petizioni al governo per la riparazione dei torti.»

Vincenzo Donvito, presidente Aduc



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Filiazione, ok del Tribunale all'impianto alla moglie degli embrioni congelati del marito defunto

Ci sono decisioni che fanno discutere per le implicazioni etiche che sovente determinano. Tra i casi più frequenti vi sono quelli che riguardano il diritto alla procreazione e di crescere ed avere dei figli, che a parere di Giovanni D'Agata, presidente dello "Sportello dei Diritti", non deve essere mortificato, quando la scienza medica ci può dare una mano specie quando si tratta del rapporto tra mogli e marito anche quando uno dei due coniugi risulta essere deceduto.

Ed è così che segnaliamo il caso di una donna di cinquant'anni cui il Tribunale di Bologna le ha concesso di provare a diventare madre per il tramite del trasferimento intrauterino degli embrioni congelati quasi vent'anni orsono, nonostante il policlinico si opponesse a tale pratica perché il marito della donna nel frattempo è morto.Con l'ordinanza del giudice del Tribunale emiliano è stato, infatti, ha accolto il ricorso di una donna che si era vista negare la procedura.

Per il togato l'ospedale deve impiantare alla moglie gli embrioni congelati anche dopo la morte del marito. Tale conseguenza è dovuta al fatto che le linee guida sulle fecondazioni assistite anteriori alla legge 40 consentono sussiste il diritto a ottenere il trasferimento intrauterino se è escluso lo stato di abbandono.E ciò perché la donna ha sempre diritto all'impianto quando lo stato di abbandono degli embrioni crioconservati risulta escluso.

La vicenda ha inizio nel 1996, quando la coppia si era rivolta al centro di fecondazione assistita dell'ospedale per un intervento, ma l'impianto non aveva avuto buon fine. Otto embrioni non impiantati erano stati però congelati con il consenso dei due. In seguito l'uomo si era ammalato e i coniugi non avevano più ritentato la procreazione medicalmente assistita con la tecnica della fecondazione in vitro (Fivet). Gli embrioni erano così rimasti crioconservati e fino al 2010 la coppia aveva confermato la volontà di mantenerli.

A seguito della morte del marito accaduta nel 201, la donna si era nuovamente rivolta all'azienda ospedaliera ma si era vista opporre il rifiuto al trasferimento intrauterino nonostante il nulla osta del comitato di bioetica dell'Università: ciò in virtù dell'interpretazione della legge 40 secondo cui dovrebbe sussistere la permanenza in vita di entrambi i coniugi.

A febbraio 2012 era stato proposto ricorso d'urgenza secondo l'articolo 700 Cpc, rigettato dal giudice. Ma il successivo reclamo è stato accolto dal Tribunale, anche se la dichiarazione sottoscritta nel luglio 2010 non si può considerare un valido consenso: «Manca, infatti, ictu oculi, un'espressa, inequivoca ed attuale dichiarazione di volontà dei coniugi volta ad ottenere il trasferimento degli embrioni prodotti».

Per il Tribunale rileva però il fatto che l'atto sottoscritto sul modulo fornito dall'ospedale serve a escludere che quegli embrioni crioconservati siano in stato di abbandono.Decisive risultano le linee guida della legge 40/2004 che servono proprio a dettare norme transitorie per le fecondazioni assistite avvenute prima della sua entrata in vigore e che devono essere considerate normativa di rango primario, in quanto fatte proprie dalla stessa fonte legislativa tramite la tecnica del rinvio, grazie al richiamo contenuto all'articolo 7.

Lo stato di non abbandono si presume, scrivono i giudici: la normativa vigente richiede un'esplicita volontà dei coniugi di senso contrario. In conclusione i giudici scrivono che, vista l'età della donna, l'aleatorietà dei risultati della fecondazione assistita e le maggiori difficoltà proporzionate al progredire dell'età, è necessario provvedere in via d'urgenza, non potendo la cinquantenne «attendere il normale esito di un procedimento civile ordinario, stante la sua lunga durata».

Precariato: la corte costituzionale fissa la discussione dell’udienza il 23 giugno dopo la sentenza della corte europea.



Il Giudice della corte di Napoli, a seguito della sentenza della corte europea, fissa finalmente la data dell’udienza. E non è il solo.

Marcello Pacifico, presidente Anief, chiede il voto di ogni precario in servizio presso le scuole, dal 3/5 marzo 2015, dove Anief ha presentato le sue 2.300 liste, per diventare rappresentativa e cambiare il contratto.


E’ la recente sentenza del giudice Coppola di Napoli che ha stabilizzato diversi precari ordinando la ricostruzione di carriera. Saranno costituiti i legali dell’Anief, gli avvocati S. Galleano e V. De Michele. Ancora possibile aderire ai ricorsi sulla stabilizzazione e per ottenere il risarcimento danni, il pagamento degli scatti di anzianità negato dall’art. 79 del CCNL 2006/2009 firmato da CGIL/FLC, CISL, UIL, SNALS, GILDA, l’estensione al 31 agosto dei contratti al 30 giugno su posto vacante prevista dalla legge 124/99.

Possono partecipare ai ricorsi anche i supplenti brevi o inseriti nelle graduatorie d’istituto in possesso dei requisiti.
Dove non vi sono liste Anief, per protesta contro un certo modo di fare sindacato e per abbassare il quorum dei votanti, è importante astenersi dal voto, così da permettere al nuovo sindacato Anief di diventare rappresentativo, dopo che ha candidato anche 1.400 precari su 3.300 candidati nelle sue liste e ha ottenuto la partecipazione democratica dei precari alle elezioni RSU, riuscendo a convincere gli altri sindacati a eliminare al divieto previsto dal CCNQ 7 agosto 2008. E’ di oggi, infatti, la conferma della sottoscrizione dell’ipotesi di contratto del 28 novembre 2014 che ha consentito ai precari di candidarsi.

Sono ormai tre anni che il sindacato vince nei tribunali, ottenendo risarcimenti per 30.000 € a precario, docente o ATA e neo-immesso in ruolo. Dopo la sentenza della corte UE del 26 novembre 2014, si aspettava la decisione dei giudici remittenti. Il primo, il giudice Coppola di Napoli si è già espresso, applicando la norma e la giurisprudenza comunitaria con la stabilizzazione dei ricorrenti e la ricostruzione per intero della carriera di tutto il servizio pre-ruolo. Il secondo, il giudice Coraggio della Consulta si esprimerà nell’udienza del 23 giugno 2015, dopo che il Governo, in attesa della sentenza della CGUE, già il 3 settembre nel documento “La Buona scuola” aveva chiarito l’intenzione di assumere 150.000 docenti delle Gae e nella legge di stabilità n. 190 del 23 dicembre 2014 ha ribadito l’intenzione di avviare un piano straordinario di assunzioni.

Per aderire ai ricorsi vai al seguente link



10 Febbraio 2015

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