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mercoledì 18 novembre 2015

Vecchie lire: cosa fare dopo la sentenza della corte costituzionale?

Firenze, 18 Novembre 2015. La legge 289 del 2002 aveva previsto all'art. 87 che la conversione delle lire aventi corso legale (le precedenti serie erano prescritte) poteva avvenire a richiesta degli interessati fino al 28 febbraio 2012.
 
E' però accaduto che il Governo Monti, per contrastare speculazioni e operazioni di riciclaggio di denaro e soprattutto per anticipare l'iscrizione a bilancio dello Stato del "guadagno" di circa un miliardo e duecento milioni derivante dalla mancata conversione, ha previsto con l'articolo 26 del Decreto Legge n.121 convertito con modificazioni, dalla Legge n. 214/2011 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 6 dicembre 2011 che "le lire ancora in circolazione si prescrivono a favore dell'Erario con decorrenza immediata" e che "il relativo controvalore è versato all'entrata del bilancio dello Stato per essere assegnato al fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato". A partire dal giorno successivo della pubblicazione, quindi, le vecchie lire si sono prescritte. La mossa ha spiazzato coloro i quali erano in possesso di lire e che intendevano chiedere il cambio entro il termine originario del 28 febbraio 2012. Alcuni interessati hanno intentato ricorsi e nel luglio dell'anno passato il Tribunale di Milano, nella persona del giudice Guido Vannicelli, aveva sollevato questione di legittimità costituzionale riguardo il decreto legge che avrebbe violato il principio di affidamento e di certezza del diritto espressi negli articoli 3 e 97 della Costituzione.

La Sentenza 216/15 emessa dalla Corte Costituzionale il 5 novembre scorso ha riaperto i giochi dichiarando illegittimo il citato articolo considerandolo non rispettoso dell'articolo 3 della Costituzione per aver abbreviato all'improvviso un termine, quello del 28 febbraio 2012, che per nove anni e nove mesi non era stato toccato e sul quale i detentori di lire facevano legittimamente affidamento anche in virtù del lungo tempo trascorso senza alcuna modifica dell'assetto normativo regolatore del rapporto. Nemmeno l'impellente necessità di ridurre il debito pubblico può giustificare la lesione di aspettativa tanto consolidata, afferma la Corte. La mossa del Governo Monti aveva infatti spiazzato coloro i quali erano ancora in possesso di lire ed intendevano cambiarle entro il termine originario.

Cosa succede ora? Il quadro non è chiarissimo ed agire potrebbe non essere agevole per tutti.
Una prima tesi considera legittimati a ricevere il cambio in euro solo coloro i quali hanno comunque presentato l'istanza entro il termine originario del 28 febbraio 2012.
 
C'è però da dire che il Decreto scoraggiò gli interessati dal farlo, data l'inutilità dell'atto. E quindi ecco apparire due diverse tesi, una delle quali prevede che l'illegittimità costituzionale del Decreto faccia ripartire i termini di prescrizione da questo interrotti e che di conseguenza per chiedere il cambio delle lire alla Banca d'Italia ci siano circa tre mesi a partire dal deposito della sentenza il 5 novembre e quindi il 28 gennaio, precisamente gli 84 giorni corrispondenti al lasso di tempo che intercorre tra il 7 dicembre 2011 e il 28 febbraio 2012.
 
Un'altra tesi ancora parte invece dal ragionamento per cui non sia possibile penalizzare i cittadini costringendoli ad informarsi ed a provvedere al cambio in meno di tre mesi, e quindi il Governo dovrebbe emanare un apposito provvedimento per definire un termine di scadenza adeguatamente lungo, in modo da non penalizzare nessuno.
 
La Banca d'Italia ha emesso il 6 novembre un comunicato nel quale afferma di aver avviato assieme al Ministero dell'Economia e delle Finanze gli approfondimenti necessari per definire le modalità con le quali dare esecuzione alle richieste di cambio delle lire.
 
Il nostro consiglio, poiché -come si può comprendere- la situazione non è chiarissima, è quello di presentare domanda di cambio delle lire entro il 28 gennaio 2016. Il cambio da lire in euro, infine, riguarda le monete oltre che le banconote.

Giuseppe D'Orta, consulente Aduc per la tutela del risparmio



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