In particolare, nel caso di specie, analizzando la posizioni del lavoratore la Cassazione, ha ritenuto di respingere le motivazioni di merito che aveva previsto la reintegra, secondo cui la maxi inchiesta nella quale era finito l’uomo era solo affar suo, dato, anche se non si trattava di detenzioni di droghe pesanti.
Peraltro, i giudici del Palazzaccio hanno applicato a questo caso i principi generali sul rapporto fiduciario che deve sussistere fra lavoratori e azienda. Nella sentenza si legge «per stabilire in concreto l'esistenza di una giusta causa di licenziamento, che deve rivestire il carattere di grave negazione degli elementi essenziali del rapporto di lavoro, ed in particolare di quello fiduciario, occorre valutare, da un lato, la gravità dei fatti addebitati al lavoratore, in relazione alla portata oggettiva e soggettiva dei medesimi alle circostanze nelle quali sono stati commessi ed all'intensità dell'elemento intenzionale, dall'altro la proporzionalità fra tali fatti e la sanzione inflitta, stabilendo se la lesione dell'elemento fiduciario su cui si basa la collaborazione del prestatore di lavoro sia in concreto tale da giustificare o meno la massima sanzione disciplinare».
Lecce, 27 aprile 2012
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