Con la sentenza n. 8832 del 7 marzo 2011 emessa dalla quinta
sezione penale la Cassazione interviene in merito al reato di stalking
ed interpretando estensivamente la norma di cui all'art. 612 bis del
codice penale non fa altro che aumentare le tutele nei confronti delle
vittime.
Così Giovanni D'Agata componente del Dipartimento Tematico
Nazionale "Tutela del Consumatore" di IDV e fondatore dello "Sportello
Dei Diritti" commenta l'importante decisione della Suprema Corte per
cui "danneggiare l'automobile, il sistema d'allarme, il campanello e
la porta dell'abitazione della propria ex sono comportamenti che
integrano il reato di stalking, per il quale si puo' essere sottoposti
alla misura cautelare del divieto di avvicinamento ai luoghi
frequentati dalla 'vittima'.
La differenza con il reato di lesioni è che basta l'atto
persecutorio senza l'accertamento di patologie, per integrarlo risulta
dunque sufficiente l'effetto destabilizzante ascrivibile alla condotta
incriminata anche senza l'accertamento di uno stato patologico
dell'offeso che invece risulta necessario per contestare l'illecito di
cui all'articolo 582 Cp..
Nel caso di specie l'uomo, dopo la fine della relazione, aveva
cominciato a perseguitare, prendendosela soprattutto con l'auto della
donna parcheggiata in strada: dallo specchietto alla carrozzeria, dai
fari al lunotto fino alle gomme, poco o nulla si salva dai
danneggiamenti in un crescendo che culmina nell'incendio finale della
vettura.
La misura interdittiva prevista dal giudice è ritenuta legittima
dal momento che la condotta dell'amante "scaricato" ha indotto nella
"sua" ex paura e nervosismo nonostante non risulti accertato uno stato
d'ansia da un medico specialista: in quel caso, infatti, sarebbe
scattato l'ulteriore reato di lesioni personali che può ben essere
integrato in caso di malattia psichica e mentale, oltre che fisica.
L'accanimento sul veicolo, e poi sulla porta di casa e contro il
sistema di allarme, denota da parte dell'indagato un atteggiamento
indubbiamente persecutorio: a legittimare l'ordinanza del giudice,
insomma, risulta sufficiente che la condotta dell'agente abbia avuto
un effetto destabilizzante sulla serenità della vittima.
Gli ermellini hanno quindi accolto il ricorso, affermando che "il
reato ex art. 612 bis cp è previsto quando il comportamento minaccioso
o molesto di taluno, posto in essere con condotte reiterate, sia tale
da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero,
in alternativa, da ingenerare nella vittima un fondato timore per la
propria incolumità ovvero, infine, tale da costringere la vittima
stessa ad alterare le proprie abitudini di vita".
Lecce, 07 marzo 2011
Giovanni D'AGATA
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