Firenze, 21 Giugno 2018. Il ministro del Lavoro ha ripreso un suo motivo conduttore contro la liberalizzazione degli orari degli esercizi commerciali. Lo aveva sostenuto quando era all'opposizione e lo sostiene ora che ha responsabilità esecutive. Coerente. Vedremo. Si ha l'impressione che, vista la materia e la sua marginalità pratica (sicuramente non teorica e di tendenza) rispetto alle questioni economiche generali, che si tratti più che altro di una tentazione per distinguersi dai precedenti dicasteri, soprattutto da quello del vituperato governo Monti che fece approvare la liberalizzazione, accusato dal nostro ministro di sudditanza agli affamatori eurocrati di Francoforte e Bruxelles. Che, anche se ora sembra che il cavallo di battaglia dell'uscita dall'euro (su cui aveva battagliato in campagna elettorale) sia stato messo in soffitta, una "bottarella" all'amico del presidente dell'epoca Giorgio Napolitano, sembra ci stia sempre bene (1). E l'occasione
sembra sia d'oro.
Il nostro ministro sembra che abbia i numeri in Parlamento per farsi valere in merito. Non solo, ma sembra che abbia anche un rilevante consenso da parte delle corporazioni del settore, sindacati e associazioni dei commercianti in primis. I numeri sono numeri. Ne prendiamo atto. Certo, ci sono anche i numeri che dicono il contrario di quello che sostiene il nostro ministro, cioé che la deregolamentazione degli orari abbia portato benefici a consumi e posti di lavoro ed equilibri urbani, ma siccome si tratta di numeri pronunciati da chi oggi non è maggioranza, veri o non-veri che siano, non contano niente. L'esposizione delle forze politiche dominanti, si sa, è maggiore, soprattutto quando i media fanno la corsa ad essere consenzienti. Era anche prima così, ed è altrettanto oggi (2).
E' molto probabile che, quindi, non andremo più a fare la spesa di domenica. Le chiese cattoliche non si riempiranno per questo di fedeli recuperati (la Chiesa romana ha sempre osteggiato le aperture domenicali, addebitando ad esse la colpa dello svuotamento delle chiese…. bontà loro). Ci saranno meno posti di lavoro (tecnicamente impossibile il contrario). Le zone urbane saranno più intasate grazie alla maggiore concentrazione di traffico e mobilità in orari più ristretti di quelli attuali. Inoltre, alcuni consumatori avranno meno tempo per scegliere con più dovizia i loro acquisti (con un calo della loro qualità di vita, quindi), perche' dovranno correre di più e farlo in orari mediamente ai limiti di quelli del loro lavoro: tutto a vantaggio di quei lavoratori che potranno andare a fare la spesa anche in orario di lavoro (lecito o meno che sia), e di quelle famiglie in cui l'angelo femminile del focolare potrà continuare ad essere tale perché non lavora fuori di
casa (sempre meno, in verità e – meno male, aggiungiamo noi -, ma questo sembra che non sia considerato nella razionalità delle decisioni).
E intanto continueranno ad esistere gli invisibili (considerati tali dagli anti-liberalizzatori). Cioé quei lavoratori che, domenica o non domenica, se venissero meno ci creerebbero non pochi problemi a tutti: ferrovieri e autisti vari, nonché taxisti, portuali e simili; dipendenti aeroporti, piloti e assistenti di volo; baristi e ristoratori; dipendenti ospedalieri; visto che siamo d'estate: dipendenti dei bagni marini; forze dell'ordine di ogni tipo; dipendenti di servizi idrici, energetici e delle telecomunicazioni; dipendenti dei media; dipendenti di musei e altre strutture pubbliche simili; … insomma, crediamo di aver ben esplicitato di cosa stiamo scrivendo.
E poi c'e' la Rete. Dove compriamo in posti che talvolta non sappiamo dove sono e a quale fuso orario fanno riferimento. Chissà se quelli soggetti alla legge italiana dovranno "chiudere" nei giorni festivi.
Tutte attività che continueranno a creare uno scombussolamento generale e diffuso di quell'ordine che dovrebbe essere invece instaurato dalle chiusure festive. Cambieranno? Vedremo.
Ci viene più di un dubbio che non si tratti di ordine…. Ma probabilmente abbiamo concetti e pratiche diverse di ordine pubblico rispetto al nostro ministro.
1 - Certo, chissà cose sarebbe l'Italia oggi se Napolitano avesse fatto scelte diverse, ma questa è storia, un'altra storia.
2 – Anche se la parte politica del nostro ministro, quando era opposizione, tra le sue battaglie aveva anche quella delle verità mediatiche contrapposte alle mediatizzazioni di regime. Ma – nessuna novità – il potere fa questo e altro.
Vincenzo Donvito, presidente Aduc
Associazione per i diritti degli utenti e consumatori
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