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lunedì 3 marzo 2014

Prodotti pubblicizzati ma introvabili? Pubblicità ingannevole secondo la Corte di Giustizia UE


Firenze, 3 marzo 2014. Con sentenza del 19 dicembre 2013 (Causa C-218/12, Sez. VI), la Corte di Giustizia delle Comunità Europee ha espresso un importante chiarimento sul diritto dell'unione in materia di pubblicità ingannevole: non si può reclamizzare un prodotto a prezzi stracciati o a condizioni vantaggiose, prodotto che poi non viene venduto perché introvabile.
Capita spesso di veder pubblicizzato un oggetto a condizioni davvero imperdibili che poi i venditori dichiarano “esaurito”. Da oggi tale pratica commerciale può esser serenamente segnalata come pratica ingannevole e sleale, ai sensi della direttiva n. 2005/29, oltre che del codice al consumo. La questione pregiudiziale sull'interpretazione del diritto europeo è giunta dai giudici italiani (Consiglio di Stato), dopo che un'azienda che gestisce supermercati aveva impugnato una sanzione inflittale dall'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) per aver pubblicizzato la vendita di un computer portatile a costo molto basso, poi risultato introvabile.
I giudici amministrativi hanno posto il seguente dubbio alla Corte di Giustizia: per configurare una prassi ingannevole è necessario che il consumatore acquisti il prodotto pubblicizzato o basta che compia operazioni preliminari all'acquisto quale il semplice rivolgersi al negozio in questione?
La Corte ha risolto chiarendo che è da considerarsi pratica commerciale che contiene informazioni false o non veritiere ogni informazione che “induca il consumatore ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso”.
Ma cosa si intende per decisione commerciale? Tutto ciò che riguarda il comportamento verso una operazione commerciale relativa al prodotto, prima durante e dopo l'operazione stessa. Anche il semplice recarsi nel negozio in questione.
In altre parole, se a causa di quella sola informazione l'utente si è deciso ad entrare nel negozio, tanto basta per ricadere nell'ambito di operatività della norma.
Grazie, dunque, ad una interpretazione estensiva del concetto di decisione commerciale (contenuta peraltro e per esteso nell'art. 2 della direttiva citata), si è giunti ad anticipare la tutela del consumatore anche in situazioni che possano solo potenzialmente pregiudicarlo, attuando così pienamente lo scopo del legislatore europeo. Diversamente, ossia considerando decisione commerciale solo l'acquisto e non anche le fasi che lo precedono, si sarebbero avallate indirettamente le pratiche commerciali sleali che di fatto avvantaggiano un esercizio commerciale ai danni dei concorrenti. Infatti, è evidente che il consumatore che si reca nel negozio per cercare quel prodotto, poi introvabile, può, per ragioni di tempo o altro, acquistare altri e diversi prodotti nel medesimo contesto. Il tutto a causa dell'informazione non veritiera. Ciò è stato considerato illegittimo e sanzionabile.
Consigliamo pertanto a tutti di segnalare al Garante della Concorrenza e del Mercato i casi simili in cui capita di imbattersi, anche negli acquisti on line.

Claudia Moretti, legale Aduc



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Redazione del CorrieredelWeb.it


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