Lo dichiara l'avv. ANDREA LISI, esperto di Diritto delle Nuove Tecnologie e segretario generale di ANORC - Associazione Nazionale per Operatori e Responsabili della Conservazione digitale - che spiega: "Facebook deve, per una volta, rispettare pedissequamente le regole dettate in materia.
In altre parole, non vige per Facebook nessuna eccezione al regime di responsabilità stabilito per i prestatori di servizi di hosting (D.Lgs. 70/2003 sul commercio elettronico), il quale prevede che il prestatore sia tenuto ad attivarsi immediatamente non appena venga a conoscenza del fatto che l'attività o l'informazione fornita da un destinatario del servizio sia effettivamente illecita.
Quindi è la consapevolezza dell'illiceità di quel video a diventare dirimente, perché, secondo i giudici di Napoli, Facebook non poteva in questo caso non esserne a conoscenza, anche considerato il clamore mediatico della vicenda, né per prendere provvedimenti era necessario attendere alcuna sollecitazione dal parte dell'interessato o dell'autorità giudiziaria.
A mio parere il diritto dell'interessato al trattamento di un dato così sensibile, come quello di natura sessuale, è giusto e sacrosanto che sia attivabile direttamente dall'interessato nei confronti dell'Internet Service Provider.
Questo anche alla luce della "nuova" privacy contenuta nel Regolamento Europeo, che prevede non solo il diritto all'oblio, ma quello ancora più intenso di "erase", inteso come cancellazione completa di dati, metadati e link.
Questi principi erano presenti gi di fondo nel D.Lgs. n.70 del 2003 - conclude l'avv. Andrea Lisi - ma la giurisprudenza li ha finora tendenzialmente ignorati. Ora un tribunale finalmente se n'è accorto".
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