La sentenza di modifica delle condizioni di divorzio non è immediatamente esecutiva
Riduzione dell'assegno in caso di seconde nozze
È inutile sperare di recuperare immediatamente gli alimenti arretrati dopo l'emissione della sentenza che modifica le condizioni di divorzio. Così tanti coniugi sono e saranno costretti ad attendere a lungo anche dopo la decisione per vedersi attribuito quanto gli spetta se non interverrà il Parlamento a colmare questa grave lacuna normativa.
Secondo la prima sezione civile della Corte di Cassazione con la sentenza 9373 del 2011 che Giovanni D'Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale "Tutela del Consumatore" di Italia dei Valori e fondatore dello "Sportello dei Diritti" riporta, infatti, dev'essere esclusa l'esecutività immediata della sentenza modificativa delle condizioni di divorzio.
Gli ermellini evidenziando il vuoto normativo che secondo la Corte dev'essere colmato dal legislatore in quanto "di fronte alla generalizzata esecutorietà delle sentenze di primo grado, tale carattere appare una sorta di residuo affatto eccezionale, in una materia come quella familiare che richiede tempestività e snellezza operativa" ha stabilito, quindi, la non immediata esecutività delle sentenze con le quali vengono modificate dal giudice le condizioni economiche del divorzio o della separazione. Secondo i giudici di legittimità occorre che nel provvedimento sia indicata un'apposita clausola di esecutorietà.
Nella stessa decisione, i giudici di piazza Cavour hanno precisato come non necessaria la questione di legittimità costituzionale sulla norma procedurale che statuisce che le modifiche delle condizioni economiche fossero adottate in camera di consiglio, poiché "i Giudici della Consulta non potrebbero che richiamare la scelta discrezionale del legislatore di attribuire ai procedimenti di modifica delle condizioni di separazione e divorzio, le forme di quelli in camera di consiglio". Spetterebbe, quindi, "al legislatore intervenire, secondo i voti di gran parte della dottrina".
La vicenda portata all'attenzione dalla Suprema Corte riguarda, in particolare una coppia di La Spezia che già nel 2003 si era separata con decisione omologata dal Tribunale.
Successivamente lo stesso Tribunale aveva stabilito un assegno a carico del marito, in favore di figli e moglie che era stato ridotto in seguito all'esito di apposito ricorso di questi.
Nonostante la modifica, il marito però era stato per lo più moroso e la ex aveva deciso d'impugnare la sentenza di modifica delle condizioni avviando il pignoramento dello stipendio di lui che nei due gradi di giudizio di merito non veniva accordato.
I giudici del Palazzaccio respingevano anche l'ultimo ricorso della donna stabilendo che il provvedimento, in assenza di una clausola espressa, non era immediatamente esecutivo.
L'epilogo della vicenda obbligherà, quindi, la moglie a riavviare un giudizio esecutivo nei confronti dell'ex per cercare di ottenere l'assegno e gli arretrati.
Lecce, 11 maggio 2011
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