E' Stalking condominiale se molesta tutte le vicine di casa anche se la vittima è una sola.
Le minacce e gli atti persecutori rivolti a ogni residente solo in quanto donna turbano inevitabilmente anche le altre
I rapporti tra vicini, talvolta, possono diventare davvero difficili. Dal rumore di notte alla pulizia delle scale, dall'aspirapolvere in funzione all'alba fino al parcheggio molesto davanti ai garage… Le occasioni per litigare non mancano. Ma quando le antipatie reciproche sconfinano nei dispetti continui e nella persecuzione, in una lotta all'ultima vendetta, il caso non può che finire in tribunale, con un accusa ben precisa: stalking.
Il reato di cui all'articolo 612 bis Cp introdotto di recente può ben configurarsi anche quando le parti offese sono varie, come nel caso dell'energumeno che molesta tutte le signore del palazzo. Insomma: esiste anche lo stalking condominiale.
Giovanni D'Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale "Tutela del Consumatore" di Italia dei Valori e fondatore dello "Sportello dei Diritti" porta in evidenza quello che emerge da una sentenza depositata il 25 maggio 2011 dalla quinta sezione penale della Cassazione.
I problemi sono iniziati quando nella palazzina il molestatore ha iniziato a terrorizzare le vicine di casa, al punto da bloccare sistematicamente l'ascensore dove le sue vittime si rifugiano. Sotto accusa è palese che in questo caso il persecutore molesta le residenti solo in quanto donne. E questo è decisivo ai fini della configurabilità dell'articolo 612 bis Cp: l'offesa arrecata a una persona per la sua appartenenza al genere femminile turba di per sé ogni altra signora che risiede nello stesso luogo di privata dimora. Può essere fondamentale ai fini della configurabilità del reato la circostanza che in una determinata occasione una persona, già molestata dal persecutore, sia oggetto diretto di nuove minacce da parte dell'agente. Inoltre la norma incriminatrice di cui all'articolo 612 bis è speciale rispetto a quelle che prevedono i reati di minaccia o molestia, ma non rispetto all'articolo 610 Cp: la violenza privata, infatti, può anzitutto essere commessa con atti per sé violenti ed è poi soprattutto finalizzata a costringere la persona offesa a fare, non fare, tollerare o omettere qualche cosa, cioè ad obbligarla a uno specifico comportamento; dunque, la previsione dell'articolo 610 Cp non genera soltanto il turbamento emotivo occasionale dell'offeso per il riferimento a un male futuro, ma esclude la sua stessa volontà in atto di determinarsi nella propria attività: ecco spiegato, allora, il quid pluris di cui all'articolo 610 Cp.
Lecce, 25 maggio 2011
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