La Corte Costituzionale sarà chiamata a decidere se la giustizia tributaria italiana viola la Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo e il diritto internazionale quanto ai valori di indipendenza ed imparzialità del giudice tributario.
E' questa - in estrema sintesi - la conclusione cui è giunta la Commissione Tributaria Provinciale di Reggio Emilia con l'ordinanza n. 280/3/2014 con la quale i giudici emiliani, in maniera minuziosa e puntuale (ben 22 pagine), hanno finalmente prospettato possibili profili di incompatibilità dell'attuale assetto ordinamentale della giustizia tributaria con l'art. 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo (CEDU) e l'art. 111 della nostra Carta Costituzionale ed hanno sollevato un'eccezione di legittimità costituzionale di talune disposizioni "sospettate" di violare il diritto internazionale in relazione ai principi di indipendenza ed imparzialità del giudice tributario.
Nello specifico, i giudici di merito con l'ordinanza in commento hanno dichiarato rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale:
- quanto al D. Lgs. 31 dicembre 1992, n. 545 degli articoli:
a) 2, 15, 31, 32, 33, 34 e 35, in ordine alle attribuzioni di Presidenti, giudici, Direttore delle Segreterie e Segreterie, per quanto attiene il profilo della indisponibilità da parte del Giudice Tributario dei mezzi personali per l'esercizio della giurisdizione, nella parte in cui non assicurano, in conformità alla giurisprudenza della CEDU, la indipendenza sotto il profilo della possibilità di disporre autonomamente del personale ausiliario, attribuendo, invece, tali poteri all'Amministrazione cui appartengono le autorità che emanano gli atti sottoposti al controllo giurisdizionale;
b) 13, per quanto attiene alla lesione della apparenza di indipendenza sotto il profilo dell'assetto dei poteri di determinazione del trattamento economico per quanto concerne la previsione della determinazione, liquidazione e amministrazione del compenso da parte della stessa amministrazione cui appartengono anche gli organi che emettono gli atti sottoposti al controllo giurisdizionale, con lesione della apparenza di indipendenza in conformità alla giurisprudenza della CEDU;
c) 2, 29-bis, 31 e 35, sotto il profilo della omessa previsione di una autonomia di gestione finanziaria e contabile delle Commissioni Tributarie, nella parte in cui non assicurano, in conformità alla giurisprudenza della CEDU, la apparenza di indipendenza sotto il profilo della possibilità di disporre autonomamente dei mezzi materiali, invece attribuiti alla gestione dell'autorità che emette gli atti da sottoporre al controllo giurisdizionale.
- quanto al D. Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 dell'articolo 6, oltre che dell'art. 51 c.p.c., nella parte in cui non prevedono, accanto alla possibilità di astensione individuale del giudice per motivi "personali", un rimedio che consenta di rimediare al difetto di apparenza di indipendenza c.d. ordinamentale del giudice ovvero di evitare che venga adottata una decisione che, per effetto della sua adozione da parte di un giudice non apparentemente indipendente per violazione della clausola del giusto processo, ai sensi dell'art. 111 Cost. e 6 Cedu, sia nulla per difetto di costituzione del giudice e, comunque, fonte di responsabilità dello Stato italiano per violazione dei diritti fondamentali dell'uomo.
Come noto, l'art. 111 Cost. dispone, al comma 1, che <<la giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge >> ed al comma 2, che <<ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti ad un giudice terzo ed imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata>>.
La suddetta norma risulta dal recepimento in Costituzione dei principi di cui all'art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), principi che erano già presenti nell'ordinamento italiano e nell'interpretazione giurisprudenziale delle regole di ogni modello di processo.
Fondamentale è l'affermazione del rilievo del contraddittorio che deve svolgersi in situazione di parità delle parti stesse del processo. Necessario corollario di questo principio è quello della terzietà ed imparzialità del giudice rispetto alle parti. Solo assicurando questi principi cardine si può realizzare il risultato del giusto processo al fine della garanzia della effettività della tutela giurisdizionale.
Se, invece, viene meno il momento della terzietà del giudice rispetto alle parti (il che farà legittimamente dubitare della giustezza ed imparzialità della decisione), il sistema del processo tributario non assicurerà quelle prerogative che ogni sistema processuale deve, invece, in sé contenere e garantire alla collettività.
L'ordinanza della C.T.P. di Reggio Emilia si colloca in un momento storico di grande importanza e, peraltro, proprio nell'art. 10 della legge-delega n. 23 dell'11 marzo 2014 di riforma del sistema fiscale è contenuta la delega al Governo per la revisione del contenzioso tributario anche in relazione alla garanzia di assicurare la terzietà dell'organo giudicante.
Tale questione è sempre stata ampiamente trattata dall'avvocato Maurizio Villani e rilanciata dallo "Sportello dei Diritti" e dal suo presidente Giovanni D'Agata, ed è attualmente contenuta nella redazione, pure apprestata dal noto tributarista, del progetto di legge di riforma del processo tributario (visionabile sul proprio sito www.studiotributariovillani.it), alla luce della legge delega (art. 10 L. n. 23/2014).
Concludendo, come svolgimento dei principi della legge delega e di questa importante ordinanza, si auspica che quanto prima sia riformato l'intero processo tributario con la previsione, tra l'altro, della sottrazione al Ministero dell'Economia e delle Finanze di ogni potere di intervento nella materia.
Lecce, 27 ottobre 2014
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