Linea dura della Cassazione sull'indebito utilizzo della carta di credito. Infatti, il reato è consumato e non solo tentato anche nel caso in cui la transazione non sia andata a buon fine.
Lo ha stabilito la Suprema corte che, con la sentenza n. 27167 del 14 luglio, ha confermato la condanna a otto mesi di reclusione e 400 euro di multa nei confronti di un uomo e una donna che avevano tentato di pagare con la carta di credito di un conoscente (anche se non ci erano riusciti perché il negoziante, dopo averli riconosciuti, aveva finto un errore nel pos).
Contro la doppia condanna di merito la difesa aveva fatto ricorso in Cassazione chiedendo una riduzione della pena, dal momento che, aveva sostenuto, i suoi assistiti non avevano ottenuto alcun vantaggio dall'operazione illecita.
La tesi non ha convinto "Piazza Cavour". Infatti, confermando il verdetto, la seconda sezione penale ha ribadito che "l'indebita utilizzazione, a fini di profitto, della carta di credito da parte di chi non ne sia titolare, integra il reato di cui all'art. 12 della legge n. 143 del 1991, indipendentemente dal conseguimento di un profitto o dal verificarsi di un danno, non essendo richiesto dalla norma che la transazione giunga a buon fine".
Secondo il componente del Dipartimento Tematico "Tutela del Consumatore" di Italia dei Valori, Giovanni D'AGATA è questa una sentenza sicuramente che serve da deterrente poiché inseguire i nuovi pirati dell'era informatica sembra una lotta impari e senza scampo per l'ignaro consumatore-medio, che più medio non è, in quanto nella gran parte dei casi sono frodati proprio i cittadini più accorti ed oculati, con ciò destando ancora più preoccupazione da parte di chi tenta di porre argine ad un fenomeno che anziché rallentare pare proprio inarrestabile.
Lecce, 28 luglio 2010
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Redazione del CorrieredelWeb.it
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