Una verifica della possibilità di modificare il regolamento comunitario sull'etichettatura dei prodotti alimentari, con l'obiettivo di tutelare la trasparenza e la qualità nell'interesse dei consumatori e del Made in Italy, è non solo opportuna, ma indispensabile.
E' quanto rileva la Coldiretti in riferimento al parere favorevole dato dal Governo ad un ordine del giorno presentato alla Camera, nell'ambito delle votazioni per la legge di Stabilità, da Michele Anzaldi, componente della Commissione Agricoltura, con il quale si chiede la revisione della norma sulle etichette con l'attivazione presso il ministero delle Politiche Agricole, entro 30 giorni, di un tavolo istituzionale di confronto con le parti interessate.
Con il nuovo regolamento comunitario entrato in vigore lo scorso 13 dicembre – ricorda la Coldiretti - viene abolito l'obbligo di indicare nei prodotti lo stabilimento di produzione. In questo modo, anche se i prodotti italiani continueranno ad avere la dicitura Made in Italy, perché le nostre aziende lo ritengono giustamente un valore aggiunto, i produttori stranieri non avranno l'obbligo di indicare nulla, con il rischio di trarre in inganno i consumatori. Di qui l'esigenza di rivedere le disposizione della contraddittoria normativa comunitaria che mantiene anonima oltre la metà della spesa obbligando ad indicare la provenienza nelle etichette – precisa la Coldiretti - per la carne bovina, ma non per i prosciutti, per l'ortofrutta fresca ma non per i succhi di frutta, per le uova ma non per i formaggi, per il miele ma non per il latte.
Anche se un passo avanti importante è stato fatto – sostiene la Coldiretti – non si è posto fine agli inganni del finto Made in Italy sugli scaffali che riguardano due prosciutti su tre venduti come italiani, ma provenienti da maiali allevati all'estero, ma anche tre cartoni di latte a lunga conservazione su quattro che sono stranieri senza indicazione in etichetta, oltre un terzo della pasta ottenuta da grano che non è stato coltivato in Italia all'insaputa dei consumatori e la metà delle mozzarelle che sono fatte con latte straniero o addirittura semilavorati industriali (cagliate) provenienti dall'estero. In altre parole – conclude la Coldiretti - contiene materie prime straniere circa un terzo (33 per cento) della produzione complessiva dei prodotti agroalimentari venduti in Italia o esportati con il marchio Made in Italy, all'insaputa dei consumatori ed a danno delle aziende agricole.
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