Già un anno fa abbiamo scritto un articolo sul tema (1), ma oggi dobbiamo riparlarne perché la bufala è collegata ad una cosa diversa, ovvero il recepimento di una Direttiva europea la quale, naturalmente, non autorizza nessun "prelievo forzoso" ma disciplina le crisi bancarie.
La questione nasce dalla crisi dei sub-prime del 2007-2008 che ha visto molte banche USA e diverse europee salvate con i soldi pubblici. Questo ha provocato un forte dibattito sulla correttezza dell'utilizzare soldi pubblici per banche che falliscono a causa di comportamenti speculativi dei loro manager.
Anche da questo dibattito è scaturita la Direttiva comunitaria, la n. 59 del 2014, che istituisce "un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento", come recita il titolo della direttiva.
La norma prevede l'istituzione di un autorità che si occupi della risoluzione della crisi. Tale autorità ha sia funzioni preventive, cioè di vigilanza, sia funzioni di risoluzione delle crisi.
L'elemento che più ha fatto discutere (questo già nel 2014, oggi qualcuno si "sveglia" perché l'Italia la sta recependo con colpevole ritardo) è la previsione che nel caso in cui si giunga ad una crisi bancaria dovranno pagarne le conseguenze inprimis gli azionisti, poi gli obbligazionisti ed anche i depositanti per la parte di deposito che eccede i centomila euro.
Questa Direttiva è stata recepita i primi di luglio con la c.d. Legge Comunitaria, ovvero un calderone con il quale il Parlamento delega il Governo a recepire una serie di Direttive comunitarie. Quindi, ancora i dettagli del recepimento non li conosciamo, ma la legge approvata stabilisce le linee guida.
L'autorità che si occuperà della risoluzione delle crisi bancarie, in Italia, sarà – ovviamente – la Banca d'Italia. Le banche dovranno presentare periodicamente dei piani di risanamento che tengano conto di scenari negativi che le porterebbero in situazione di crisi.
Qualora la Banca d'Italia valutasse i piani non sufficienti, potrebbe mettere in atto dei provvedimenti di risoluzione della crisi come:
- Cessione di ramo d'azienda;
- Trasferimento di ramo d'azienda a un ente-ponte;
- Trasferimento degli attivi deteriorati in una bad bank;
- Bail-in, cioè una riduzione del debito a carico di azionisti, obbligazionisti e depositanti.
Quest'ultima opzione è stata quella che ha fatto scatenare la bufala del "prelievo forzoso". Non c'è nessun "prelievo forzoso". Semplicemente, se un cliente è così incauto da tenere oltre centomila euro totalmente liquidi, cioè non impiegati in titoli non emessi dalla stessa banca, in una banca che ha chiaramente dei gravissimi problemi (perché prima di arrivare al bail-in, come si è visto, ci sono molte procedure che finiscono sui media) allora ne subisce le conseguenze per la quota parte superiore a centomila euro. L'alternativa, ovviamente, era fare in modo che quei soldi fossero tirati fuori dallo Stato e quindi dalle tasche dei contribuenti.
Da evidenziare che tutti i piccoli depositanti, cioè quelli sotto centomila euro, sono garantiti (può essere utile ricordare alcune regole di funzionamento di questa garanzia che si possono leggere qui sotto forma di domande e risposte). Nessuna "pensionata" o "casalinga di Voghera" rischia di vedere sparire il proprio gruzzoletto depositato in banca. Mentre nella situazione attuale, per salvare un deposito di un "paperone" da qualche milione di euro si utilizzerebbero dei denari pubblici.
Non c'è quindi nessun "prelievo forzoso" nel recepimento di questa Direttiva. Semplicemente si sancisce il principio in base al quale chi investe in banche o deposita rilevanti cifre di denaro (superiori a centomila euro) deve valutare con attenzione la solvibilità della banca perché potrebbe, in caso di gravissime crisi, esserne chiamato a risponderne.
Il recepimento di questa direttiva potrebbe essere l'occasione per parlare di una questione più seria rispetto alla bufala dell'inesistente "prelievo forzoso", ovvero quella delle obbligazioni bancarie.
Con la Direttiva comunitaria, in corso di recepimento anche in Italia, è chiaro che il profilo di rischio di queste obbligazioni sia mutato. In particolare le obbligazioni così dette subordinate, anche quelle "LT2" Lower Tier 2, presentano oggi un profilo di rischio più alto di quello che era previsto in emissione.
E' il caso che gli investitori che hanno queste obbligazioni in portafoglio facciano un'analisi di questi strumenti, senza inutili allarmismi, ma anche valutando in modo oggettivo il profilo di rischio/rendimento e riducendo eventualmente la quota in portafoglio qualora si verifichi che il rapporto sia troppo sbilanciato verso il rischio.
L'argomento è molto rilevante e vi dedicheremo un prossimo articolo.
(1) http://www.aduc.it/articolo/bufala+dell+imminente+prelievo+forzoso+dai+conti_22395.php
Alessandro Pedone, responsabile Aduc Tutela del Risparmio
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