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giovedì 8 settembre 2016

Servono regole e incentivi fiscali per stimolare l'impegno sociale delle imprese italiane

Nell'ultimo incontro di Economia sotto l'ombrellone, i rappresentanti di tre aziende friulane hanno illustrato le proprie iniziative nel campo della responsabilità sociale d'impresa e concordato sull'esigenza di diffondere una cultura della Csr e di favorire a livello normativo e fiscale le aziende impegnate nel sociale

 

  La Responsabilità sociale d'impresa (o Csr dall'inglese Corporate social responsibility) sta finalmente crescendo anche in Italia soprattutto nelle aziende di medio grande dimensione, dagli 80-100 dipendenti in su, ma per colmare il gap con i Paesi più avanzati e affinché si diffonda anche alle piccole e piccolissime imprese servono uno sforzo culturale e incentivi che rendano convenienti le pratiche socialmente responsabili.

 

  Lo hanno affermato i tre imprenditori intervenuti al quarto e ultimo appuntamento della sesta edizione della Rassegna Economia sotto l'Ombrellone che si è tenuta all'Hotel President di Lignano Sabbiadoro: Annalisa Dorbolò di Starbene Group, Piero Petrucco di Icop Spa e Roberto Travan sempre di Starbene Group, ma che rappresentava l'iniziativa di social responsibility Geo for Children-Ride To Moscow.

 

  Se, infatti, il recente rapporto del Ministero dello sviluppo economico sull'impegno sociale delle aziende in Italia  spiegava che l'80% delle aziende italiane con più di 80 dipendenti dichiara di impegnarsi in iniziative di CSR, per un investimento globale che, nel 2015  ha superato il miliardo e 120 milioni di euro e se è indiscutibile l'ottimo funzionamento dell'Art Bonus voluto dal ministro della cultura Franceschini che ha spinto numerose aziende medio grandi a investire in cultura, non si può tuttavia negare che nelle piccole medie imprese la Csr o non esiste o per lo più si limita a qualche sponsorizzazione delle squadre locali o a donazioni a spot a enti benefici e parrocchie.

 

  «L'attenzione alla Csr si sta diffondendo - ha detto Annalisa Dorbolò –, ma credo che molte Pmi non siano ancora adeguatamente preparate e per il momento l'iniziativa è lasciata non al caso, ma certamente alla sensibilità dei singoli. Vedendo alcune statistiche mi sono resa conto che l'Italia è effettivamente un po' indietro rispetto ad altri Paesi, ma credo che ciò dipenda anche dal fatto che la dimensione piccola e piccolissima di gran parte delle nostre aziende rende più complessa l'adozione e la gestione di pratiche di Csr. Penso comunque che sia sempre più importante vedere l'impresa non come una realtà a sé stante, ma come una realtà che si integra, coinvolge il territorio e che mette al centro del suo agire l'uomo, l'ambiente che lo circonda e che guarda al futuro». Starbene, una piccola azienda attiva nel settore del benessere e dei servizi alla persona a Ronchi dei Legionari (Go) con una quarantina di collaboratori, ha nel suo piccolo sempre cercato di adottare politiche di Csr verso l'esterno come la "Camminata dei 5mila passi" per diffondere la cultura del movimento nelle persone della nostra comunità o come gli interventi che facciamo nelle scuole e all'università della Terza Età per parlare di salute o ancora come i contributi che diamo ad associazioni locali che portano aiuti in Tanzania e in Brasile. «Cerchiamo, però, anche di essere molto attenti all'interno dell'azienda –prosegue Dorbolò– sia con una forte attenzione al risparmio energetico, alla riduzione di tutti gli sprechi, all'utilizzo di detersivi ecologici e alla cura dell'ambiente e del parco che circonda la nostra sede, sia con la creazione di un ambiente lavorativo attento alle esigenze di vita dei collaboratori e delle nostre molte collaboratrici, una cura approfondita della formazione dei collaboratori ben al di là degli obblighi di legge. In generale credo che il mondo stia cambiando anche in Italia e che si stia passando dal un'epoca del «ben avere» a un'epoca «del ben essere» che sta consentendo una maturazione delle imprese e degli imprenditori che andrebbe opportunamente aiutata da regole adeguate per agevolare l'impegno delle aziende».

 

  «Credo  che sia molto importante che le aziende acquisiscano la consapevolezza del loro impatto sociale, del loro essere attori sociali e penso che da questo punto di vista ci sia ancora molto da lavorare –ha affermato Piero Petrucco–. Come Icop lavoriamo nel settore edile con 205 dipendenti e ormai da decenni abbiamo intrapreso un percorso di Csr che ha due filoni principali: uno interno all'azienda che riguarda la conciliazione dei tempi di lavoro con i tempi di vita dei nostri dipendenti che, ad esempio, ci ha portato a organizzarci in modo da consentire alle nostre dipendenti diventate madri un ampio utilizzo del part-time negli anni che ritengono necessari per crescere adeguatamente i figli o che attiene anche all'organizzazione di un centro estivo aziendale gratuito per i figli dei dipendenti (e dallo scorso anno anche per figli di dipendenti di aziende vicine) che rimane aperto durante tutto il periodo delle vacanze scolastiche; uno esterno all'aziende che ci ha portato a costituire nel 2006 Sudin Onlus che ha costruito e continua a sostenere un centro professionale nel Sud Sudan e nella quale abbiamo coinvolto numerose aziende friulane, Confindustria Udine, Confcommercio Udine e Legacoop. Personalmente – ha concluso – ritengo che la Csr sia utile alle aziende, non solo e non tanto in termini di immagine, ma perché contribuisce fortemente a creare un ambiente di lavoro positivo nel quale le persone stanno bene e, quindi, lavorano meglio. Certamente sarebbe utile che la strada intrapresa per favorire l'adozione di politiche di Csr nelle aziende attraverso sgravi fiscali e simili, fosse proseguita. Infatti, se è vero che la Csr non può essere imposta, ma deve essere lasciata alla libera iniziativa degli imprenditori, è anche vero che per diffonderla non si può contare solo sulla «bontà» dei singoli, ma bisogna puntare a far comprendere alle imprese i vantaggi che si hanno nell'adottarla».

 

  «Penso che l'Italia potrebbe sfruttare la forza delle tante persone volonterose, creative e lungimiranti che ci sono anche nelle nostre piccole imprese per trascinare la comunità imprenditoriale verso attività di Csr sempre più significative –ha sostenuto Roberto Travan–. Certamente è più faticoso per i piccoli imprenditori adottare attività legate alla responsabilità sociale, ma è anche vero che proprio il piccolo imprenditore può avere dentro di sé il desiderio di rapportarsi al territorio avendo rapporti più profondi con la comunità e che non si limitino a un freddo rapporto «burocratico» fra imprenditore e maestranze». In tal senso l'iniziativa Ride to Moscow nata dalla Geoforchildren Onlus fondata dal titolare della Geoclima (ma che ha coinvolto numerosi altri imprenditori, come Starbene Group), ha voluto mettere in campo un'iniziativa di responsabilità sociale d'impresa che aveva come obiettivo quello di raccogliere fondi per aiutare la formazione degli orfani russi che al termine del loro percorso in orfanotrofio, al compimento dei 18 anni, sono abbandonati a se stessi. Ride to Moscow non è stato solo un intervento che ha coinvolto il titolare di Geoclima e altri due appassionati di ciclismo, ma anche numerose aziende del territorio che hanno sostenuto ciascuna una tappa versando una quota prestabilita che è confluita nel Fondo denominato "Porta per la vita". In generale penso che le iniziative di Csr potrebbero essere maggiormente aiutate da un sistema e da un contesto nazionale, politico, fiscale che rendesse efficiente il contributo speso dalle aziende, ma sono ottimista sul fatto che si sia imboccata la strada giusta».

 

Al termine dell'incontro, il moderatore Carlo Tomaso Parmegiani ha dato appuntamento alla settima edizione di Economia sotto l'ombrellone, che si terrà nell'agosto 2017.

 

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foto del tavolo dei relatori: da sinistra Roberto Travan, Annalisa Dorbolò, Piero Petrucco e il moderatore Carlo Tomaso Parmegiani  


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