La versione della legge sull'Home Restaurant, approvata lo scorso 25 settembre dalla Commissione parlamentare Attività Produttive, segna pesantemente la rotta verso una chiusura riduzionistica e accentratrice delle attività connotate dallo spirito della sharing economy.
A fronte di un'attenzione molto alta da parte di migliaia di cittadini, che sono interessati a questa nuova forma di attività che coniuga la passione personale per l'enogastronomia con la possibilità di farne una, seppure parziale, attività economica, il Parlamento ha inteso tutelare in maniera evidente gli interessi della Fipe (Federazione Italiana Pubblici Esercizi), che più volte ha manifestato insofferenza nei confronti di aperture verso i nuovi modelli.
Questo a fronte di direttive molto chiare dell'Europa. Solo qualche mese fa, a giugno 2016, Elżbieta Bieńkowska, Commissaria responsabile per il Mercato interno, richiamava gli Stati membri sull'importanza di valorizzare e aiutare tutte le forme di economia collaborativa, lanciando addirittura un'"Agenda europea per l'economia collaborativa" che contribuisse a tale scopo.
Oggi purtroppo ci troviamo invece dinanzi a una legge che tende fortemente a frenare e ridimensionare queste possibilità.
Lo dimostrano i dettagli della proposta approvata dalla Commissione, che continuerà il suo iter in Parlamento.
A chi volesse intraprendere l'attività di Home Restaurant, infatti, viene imposta la registrazione su "piattaforme tecnologiche" che acquisiranno i pagamenti, esclusivamente in forma elettronica, per loro conto.
Inoltre si prescrive che l'attività di Home Restaurant - ovvero ogni pranzo e ogni cena servita e a chi - debba essere registrata dalle piattaforme tecnologiche in un apposito registro elettronico almeno trenta minuti prima della sua fruizione.
Tali norme non trovano simile riscontro in nessun'altra attività, discriminando di fatto quella in oggetto.
Ciò impedirà ai singoli gestori di Home Restaurant di promuoversi secondo propri canali in maniera autonoma.
Ci chiediamo quale sia la ragione di una misura così fortemente accentratrice, in barba anche ai pronunciamenti del Tar che aveva respinto alcune restrizioni relative all'attività dei B&B in quanto il regolamento sarebbe stato in contrasto con i principi di libera concorrenza e con i correlati principi di parità di trattamento e non discriminazione.
Riteniamo di essere dinanzi a un nuovo sopruso di questo genere.
A rendere più difficile lo svolgimento dell'attività di Home Restaurant, inoltre, i limiti imposti dal disegno di legge: ogni attività può usufruire di un massimo di 500 coperti all'anno, per una media di poco più di un coperto al giorno.
Il limite economico, inoltre, sarebbe di 5 mila euro lorde per le somme conferite dagli ospiti.
Da anni operiamo nell'ambito dell'accoglienza e dell'ospitalità.
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Molti di loro oggi sarebbero pronti a integrare l'offerta con l'attività di Home Restaurant se questa, come avviene negli altri paesi europei, richiedesse una dichiarazione di avviamento attività (SCIA) oltre alla necessaria assicurazione e certificazione HACCP, ma non avesse altri vincoli fortemente limitanti, come quelli previsti dall'attuale disegno di legge.
In Inghilterra, ad esempio, l'attività di Home Restaurant è disciplinata dalle norme igieniche di somministrazione del cibo, ma non ha vincoli di ordine burocratico come in questo caso.
Auspichiamo, dunque, che l'attuale disegno di legge possa essere rimesso in discussione e sanato sui punti sopra esposti, per contribuire in maniera efficace alla crescita delle attività economiche di chi, con buona volontà, intende contribuire allo sviluppo dell'accoglienza turistica in Italia.
Giambattista Scivoletto
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Link alla legge
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Link alle 4 Leggi presentate in Parlamento, prima del loro accorpamento
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Link sentenza del Tar
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Link articolo "Commissione europea: vietato vietare la sharing economy. E' un'occasione da non lasciarci sfuggire"
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