Come combattere gli sprechi del Welfare Aziendale
Con gli interventi previsti dalla Legge di Stabilità 2017 è stato fatto un interessante passo in avanti nella dura lotta all'affermazione di un nuovo concetto di Welfare aziendale.Abbiamo già visto in che modo un lavoratore sereno è anche un lavoratore produttivo, tuttavia, sebbene molto sia stato fatto e altro risulta essere in cantiere, il sistema di Welfare italiano sembrerebbe avere una falla non indifferente.
Ma procediamo con ordine.
Sappiamo bene che il nostro sistema di Welfare è caratterizzato dal trasferimento di ingenti somme di denaro che, nei piani, dovrebbero andare a finanziare l'erogazione di servizi finalizzati al soddisfacimento dei bisogni delle famiglie.
Secondo alcune stime, circa 60 miliardi, più o meno il 50% del fondo sanitario nazionale, sarebbe finanziato direttamente o indirettamente dallo Stato.
Indifferentemente dalle perimetrazioni utilizzate per tale calcolo, e conseguentemente dall'istituto che se ne è occupato, solo 7-8 miliardi si trasformano in veri servizi erogati alle famiglie dai Comuni, tutto il resto rimane liquidità non spesa.
Chiaramente, non possiamo sapere con certezza quanto di questa somma sia destinato a lavori di cura autoprodotti dai caregiver (acquisto servizi, assistenza, infermieri ecc..), sappiamo tuttavia che tali rapporti lavorativi sono caratterizzati da dinamiche irregolari e da forte evasione fiscale.
Una soluzione a questa degenerazione del concetto d Welfare potrebbe essere quella di accrescere maggiormente il ruolo degli organi di intermediazione, con conseguente controllo su una parte più considerevole della somma e sulla qualità complessiva dei servizi erogati.
Tale intervento ridurrebbe sensibilmente gli sprechi di denaro (incidendo non poco sulla spesa pubblica) e permetterebbe di avere un quadro più chiaro delle domande/offerte, così da offrire a ogni persona la giusta soluzione ai propri problemi.
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