Previdenza - Indennità di accompagnamento - Inabile al lavoro - Inabile in grado di deambulare
1 - Considerato che è stata depositata relazione del seguente contenuto:
(Con sentenza n. 560/2011, depositata in data 28 febbraio 2011, la Corte di appello di Bari, pronunciando sull’impugnazione proposta da D.G. nei confronti dell’I.N.P.S., del Ministero dell’Economia e delle Finanze e della Regione Puglia, disposto il rinnovo della consulenza tecnica d’ufficio, confermava la decisione del Tribunale della stessa sede che aveva escluso il diritto del D.G. all’indennità di accompagnamento. Riteneva la Corte territoriale che l’appellante, ancorché inabile al lavoro, fosse in grado di deambulare e di compiere gli atti quotidiani della vita.
Avverso tale sentenza D.G. ricorre per cassazione con due motivi.
L’I.N.P.S. ha depositato procura in calce alla copia notificata del ricorso.
Sono rimasti solo intimati il Ministero dell’Economia e delle Finanze e la Regione Puglia.
Con i due motivi il ricorrente denuncia: "Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1 della legge n. 18/1980, dell’art. 1 della legge n. 508/1988 e dell’art. 115 cod. proc. civ. (art. 360, n. 3, cod. proc. civ.)" nonché "Omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360, n. 5, cod. proc. civ.)".
Lamenta che il giudice di merito abbia ritenuto insussistenti i presupposti per la concessione della prestazione reclamata considerando il G. autosufficiente in relazione al compimento degli atti quotidiani della vita, senza considerare che gli stessi test IADL cui il consulente tecnico officiato dalla Corte territoriale aveva fatto riferimento avevano evidenziato che il predetto necessitava di "essere accompagnato per qualsiasi acquisto nei negozi", di "avere preparati i cibi e serviti", oltre che "di aiuto per ogni operazione di governo della casa" e che il medesimo consulente aveva sottolineato che il periziato, presentante un quadro clinico caratterizzato da "un rendimento mentale quasi del tutto compromesso per la marcata incapacità di memorizzare e stare attento, ovvero da una ipovalidismo psichico, con manifestazione classiche della oligofrenia", era dal punto di vista comportamentale, "inibito e passivo, nonché incapace di elaborare correttamente gli stimoli ambientali esterni".
Il motivo è manifestamente fondato.
Va osservato, in termini generali, che l’indennità di accompagnamento è una prestazione del tutto peculiare in cui l’intervento assistenziale non è indirizzato - come avviene per la pensione di inabilità - al sostentamento dei soggetti minorati nelle loro capacità di lavoro (tanto è vero che l’indennità può essere concessa anche a minori degli anni diciotto e a soggetti che, pur non essendo in grado di deambulare senza l’aiuto di un terzo, svolgano tuttavia un’attività lavorativa al di fuori del proprio domicilio), ma è rivolto principalmente a sostenere il nucleo familiare onde incoraggiare a farsi carico dei suddetti soggetti, evitando così il ricovero in istituti di cura e assistenza, con conseguente diminuzione della relativa spesa sociale (cfr. Cass. 28 agosto 2000, n. 11295; id. 21 gennaio 2005, n. 1268; 23 dicembre 2011, n. 28705).
Va, poi, specificato che il diritto all’indennità di accompagnamento spetta sia nel caso in cui il bisogno dell’aiuto di un terzo si manifesti per incapacità di ordine fisico, sia per malattie di carattere psichico.
Quanto alle incapacità di ordine materiale questa Corte ha precisato che la nozione di incapacità di compiere autonomamente le comuni attività del vivere quotidiano con carattere continuo comprende anche le ipotesi in cui la necessità di far ricorso all’aiuto di terzi si manifesta nel corso della giornata ogni volta che il soggetto debba compiere una determinata attività della vita quotidiana per la quale non può fare a meno dell’aiuto di terzi, per cui si alternano momenti di attesa, qualificabili come di assistenza passiva, a momenti di assistenza attiva (così Cass. 11 aprile 2003, n. 5784).
In un siffatto contesto ricostruttivo va, dunque, ritenuto che la capacità del malato di compiere gli elementari atti giornalieri debba intendersi non solo in senso fisico, cioè come mera idoneità ad eseguire in senso materiale detti atti, ma anche come capacità di intenderne il significato, la portata, la loro importanza anche ai fini della salvaguardia della propria condizione psico-fisica; e come ancora la capacità richiesta per il riconoscimento dell’indennità di accompagnamento non debba parametrarsi sul numero degli elementari atti giornalieri, ma soprattutto sulle loro ricadute, nell’ambito delle quali assume rilievo non certo trascurabile l’incidenza sulla salute del malato nonché la salvaguardia della sua «dignità» come persona (anche l’incapacità ad un solo genere di atti può, per la rilevanza di questi ultimi e per l’imprevedibilità del loro accadimento, attestare di per sé la necessità di una effettiva assistenza giornaliera: cfr. per riferimenti sul punto: Cass. 11 settembre 2003, n. 13362).
In conclusione, la sentenza impugnata è da considerare affetta dai denunciati vizi di motivazione e, per tale ragione se ne propone la cassazione, con rinvio della causa ad altro giudice di merito per la rinnovazione dell’accertamento di fatto, il tutto con ordinanza, ai sensi dell’art. 375, n. 5, cod. proc. civ.).
2 - Questa Corte ritiene che le osservazioni in fatto e le considerazioni e conclusioni in diritto svolte dal relatore siano del tutto condivisibili, siccome coerenti alla consolidata giurisprudenza di legittimità in materia e che ricorra con ogni evidenza il presupposto dell’art. 375, n. 5, cod. proc. civ. per la definizione camerale del processo.
3 - Conseguentemente, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata cassata con rinvio, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Bari, in diversa composizione.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Bari, in diversa composizione.
Nessun commento:
Posta un commento